Ecco perché dovremmo iniziare tutti a mangiare vegetale

Ecco perché dovremmo iniziare tutti a mangiare vegetale

Nei paesi sviluppati, fare la spesa e cosa mettere nel carrello è una scelta personale. Eppure, le conseguenze ambientali, sociali e sanitarie di «cosa scegliamo di mettere nel piatto» ci riguardano tutti, nessuno escluso. 
La domanda sorge spontanea: quando le problematiche collettive (come il cambiamento climatico, la sofferenza animale, la malnutrizione) verrano affrontate non solo dalla buona (o cattiva) scelta dei singoli, ma verranno trattate come una tematica pubblica e mondiale? 
Adottare scelte consapevoli può davvero fare la differenza.   Per noi e il mondo. 
Ecco che anche una dieta vegetariana e vegetale risulta quindi un atto di cura del singolo e insieme del pianeta. 
Qui abbiamo raccolto qualche buon motivo per sceglierla.

1.Per la salute
Secondo la posizione adottata dall'Academy of Nutrition and Dietetics la dieta vegetariana o vegana correttamente pianificata è salutari, nutrizionalmente adeguata e può apportare benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. 
L’alimentazione vegetale è, infatti, associata a un minor rischio di sviluppare determinate condizioni patologiche, tra cui malattie ischemiche cardiache, diabete di tipo 2, ipertensione, alcuni tipi di cancro, obesità. I
l ridotto apporto di grassi saturi e l'elevato consumo di verdura, frutta, cereali integrali, legumi, derivati della soia, frutta secca e semi oleaginosi sono responsabili di una riduzione del colesterolo LDL (il «colesterolo cattivo») e di un miglior controllo glicemico. 
Tra i consigli stilati dal Codice Europeo per ridurre il rischio di cancro c’è quello di «seguire una dieta sana» con un elevato apporto di fibre, vitamine, antiossidanti e fitonutrienti (sostanze che si trovano naturalmente nelle piante). 
Ci sono legumi di antiche varietà che sono ricchissimi di questi composti, come le lenticchie di Ustica, la fava di Carpino, il cecio nero dell’Alta Murgia: questi favoriscono la regolarità intestinale, conferiscono maggior sazietà a parità di apporto calorico e svolgono un ruolo preventivo. 
Al contrario, le carni del gruppo 1 (quelle lavorate) come salumi, pancetta, salsicce e würstel sono «con evidenza» causa di tumori. 
Mentre lo sono «probabilmente» tutte quelle del gruppo 2A (le carni rosse da suini e bovini).

2.Per il portafoglio
Sfatiamo un mito: non è vero che «una dieta vegetariana con buoni prodotti costa un sacco». Alcune verdure di qualità possono avere un prezzo elevato (ma comunque inferiore a carne e pesce) tutti quei prodotti «green» confezionati messi in commercio dall’industria negli ultimi anni: burger vegani, polpettine di soia, «würstel» vegetariani e così via. 
Una dieta a base di questi alimenti processati già pronti non può definirsi sostenibile, né per la salute né per il portafoglio. 
Se invece provaste ad acquistare nelle botteghe o nei mercati cibi naturalmente vegetariani come legumi, soia decorticata, semi e frutta secca sfusa, verdure fresche, uova da galline tenute all’aperto, ricotte e formaggi ovini o caprini (meno impattanti di quelli bovini), fermentati della soia come il tofu o il tempeh al naturale scoprirete che, a fine mese, il risparmio esiste eccome. 
Basti pensare che il prezzo di un hamburger di manzo da 200 grammi o di un trancio di salmone oscilla tra i 3 e i 5 euro e allo stesso prezzo si acquistano 1 chilo di legumi sfusi per un equivalente di 20 pasti al posto di uno (50 grammi di ceci secchi equivalevano a 150 grammi di prodotto precotto, ovvero una porzione, secondo le linee guida).

3.Per l’ambiente
Se avessimo consapevolezza della nostra «impronta ecologica» - termine scientifico con cui si intende l’area di superficie necessaria per la produzione di una determinata risorsa e l’assimilazione delle scorie - sapremmo che gli allevamenti animali pesano sulla terra e non poco: desertificazione, erosione, emissioni in atmosfera, inquinamento del suolo e consumo delle acque sono solo alcune delle conseguenze. 
La zootecnia è responsabile della metà delle emissioni «acidificanti» (ossidi di azoto, zolfo e ammoniaca) dell’aria, a cui si sommano quelle generate dallo sfruttamento dei terreni per la produzione dei mangimi: basti pensare alle conseguenze della soia transgenica in Amazzonia e al fatto che in Europa circa il 65% delle coltivazioni cerealicole - che richiedono anche tantissima acqua - sono destinate agli animali. 
Le diete vegetali sono più sostenibili rispetto a quelle onnivore perché necessitano di quantità inferiori di risorse naturali e sono associate ad un minor danno ecologico. 
Non solo: promuovendo le coltivazioni di semi autoctoni e tutelando le produzioni locali contribuiscono a ridurre il tasso di estinzione della biodiversità agricola, uno degli elementi alla base delle resilienza (la capacità di resistere agli shock) dei sistemi alimentari.

4.Per gli animali
Il Farm Animal Welfare Council britannico (1992) sintetizza la libertà degli animali in 5 punti fondamentali: libertà della fame e della sete, libertà dal disagio, libertà dal dolore, libertà di esprimere un comportamento normale e, infine, libertà della paura e dell’angoscia assicurando condizioni e trattamenti che evitino la sofferenza della mente. 
In un mondo ideale la vita delle altre specie dovrebbe prescindere da qualsiasi scopo utilitaristico, ma così non è e, in più, negli allevamenti intensivi non vengono rispettate nemmeno le libertà basilari sopra elencate. 
Nell’industria non c’è nulla di legato al mondo animale, vige un rapporto di sfruttamento e questo si riflette anche sulla qualità di ciò che è allevato: è il caso dei polli, che per arrivare naturalmente al peso dei bustoni (i polli interi confezionati) impiegherebbero dai 4 ai 5 mesi e invece vengono cresciuti in soli 32 giorni per risparmiare sull’energia elettrica e sui mangimi; non senza l’intervento di ormoni e antibiotici. 
Lo stesso vale per i pesci di grossa taglia. 
Ricordiamoci che se è vero che «siamo ciò che mangiamo» allora siamo anche ciò che gli animali di cui ci nutriamo mangiano.

5.Per il gusto della scoperta
Dahl di lenticchie, macco di fave e cicoria, ragù di soia, hummus libanese, burger di ceci fatti in casa, sugo all’assassina, broccomole, babaganoush, spanakopita greca, couscous di verdure: ecco alcuni esempi delle innumerevoli e coloratissime ricette che si preparano senza prodotti animali. 
Ne esistono decine e decine solo partendo dai legumi, di derivazione orientale o ispirate alle tradizioni culinarie del sud Italia più autentico. 
Il nostro consiglio è di acquistare dei ricettari di cucina vegetariana e vegana e di regalarsi del tempo, iniziando anche solo un’ora nel weekend, per imparare a prendersi cura di sé partendo dal cibo. Senza mai rinunciare al gusto e alla fantasia nel piatto.

Fonte https://www.vanityfair.it   2024
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