meccanismo della visione come funziona l'occhio umano

Meccanismo della visione: come funziona l'occhio umano

Dall'occhio al cervello

Neuroscienze, scienza del cervello

Titolo originale:
Neuroscience - Science of the Brain British Neuroscience Association
The Dana Alliance for Brain Initiatives

La visione

Neuroscienze, scienza del cervello Gli esseri umani sono una specie altamente dipendente dal senso della visione, ed usano gli occhi costantemente per valutare il mondo circostante.
Con occhi rivolti in avanti come gli altri primati, usiamo la visione per percepire quei molti aspetti dell’ambiente che sono lontani dal nostro corpo.
La luce è una forma di energia elettromagnetica che entra nei nostri occhi ed agisce sui fotorecettori posti sulla retina. Questo dà l’avvio a processi attraverso i quali vengono generati impulsi neurali che attraversano i percorsi e le reti di quelle parti del cervello dedicate alla visione, o cervello visivo. Esistono percorsi separati che raggiungono il ponte e la corteccia cerebrale per mediare diverse funzioni rilevare e rappresentare il movimento, le forme, i colori ed altri caratteri distintivi del mondo visibile.
Alcuni di questi meccanismi, ma non tutti, sono accessibili dalla nostra coscienza. Nella corteccia, i neuroni in una gran numero di aree visive distinte sono specializzati nel compiere diversi tipi di decisioni visive.

Schema dell’occhio umano

Schema dell’occhio umano La luce che entra nell’occhio è messa a fuoco dal cristallino sulla retina, che si trova in fondo.
I suoi recettori rilevano l’energia luminosa e, con un processo di trasduzione, generano i potenziali d’azione che viaggiano poi lungo il nervo ottico.

Il movimento

Pensate di afferrare un pallone.Sembra facile, ma anche per eseguire questo semplice movimento il cervello deve compiere alcuni notevoli passaggi.
Noi diamo tutto per scontato, eppure serve una certa pianificazione: il pallone sarà leggero o pesante? Da quale direzione sta arrivando e con quale velocità?
Serve anche una certa coordinazione: come si fa a coordinare automaticamente le braccia per afferrarlo e quale sarà il modo migliore per farlo? Occorre inoltre eseguire il movimento: riusciranno le braccia ad arrivare in tempo nel posto giusto e le dita a chiudersi al momento opportuno?
I neuroscienziati ora sanno che sono molte le aree del cervello coinvolte. L’attività neurale in queste aree si combina per formare una lunga catena di comandi – una gerarchia motoria – dalla corteccia motoria ed i gangli della base al cervelletto ed al midollo spinale.

Luce sull’occhio

La luce entra nell’occhio attraverso la pupilla ed è fatta convergere, dalla cornea e dal cristallino, sulla retina che è posta sulla parete posteriore dell’occhio.
La pupilla è circondata da un’iride pigmentata che può espandersi o contrarsi, rendendo la pupilla più grande o più piccola al variare del livello di luce incidente.
E’ naturale supporre che l’occhio si comporti come una macchina fotografica, che crea una sorta di “immagine” del mondo, ma questa è una metafora fuorviante sotto molti punti di… vista. Anzitutto, non esistono immagini statiche nella visione, poiché gli occhi si muovono in continuazione.
la retina Secondo, anche se un’immagine sulla retina fosse inviata come immagine al cervello, servirebbe allora una seconda persona piccola piccola, dentro il cranio per vedere quest’altra immagine!
Per evitare un’infinita catena di persone che si guardano nella testa senza avere ancora capito cosa stiano guardando, consideriamo il vero problema che il cervello visivo deve risolvere: come usare i messaggi criptati che arrivano dagli occhi per interpretare il mondo visibile e prendere decisioni su di esso.

LA RETINA

La luce attraversa le fibre che danno origine al nervo ottico e una complessa rete di cellule (bipolari, amacrine, ecc.) per arrivare ai bastoncelli e ai coni, che si trovano nella parte posteriore della retina. Una volta fatta convergere sulla retina, i 125 milioni di fotorecettori posizionati sulla superficie della retina rispondono alla presenza della luce che li colpisce generando minuscoli potenziali elettrici.
Questi segnali passano per via sinaptica in una rete di cellule nella retina, attivando cellule gangliari retiniche i cui assoni si raggruppano formando il nervo ottico posto sull’altro lato della parete posteriore dell’occhio.
Gli assoni entrano nel cervello, dove trasmettono i potenziali d’azione a differenti regioni visive con diverse funzioni.
adattamento ai colori Fissa lo sguardo sulla piccola croce che si trova in mezzo ai due cerchi più grandi, per almeno 30 secondi.
Poi trasferisci lo sguardo sulla croce più in basso.
I due cerchi “gialli” sembreranno di colori diversi. Puoi spiegartelo? Molto si conosce di questa prima parte del meccanismo della visione.
I fotorecettori numerosi, detti bastoncelli, sono circa 1000 volte più sensibili alla luce degli altri, molto meno numerosi, detti coni. In maniera sommaria, si può dire che di notte si vede con i bastoncelli e di giorno con i coni.
Esistono tre tipi di coni, sensibili a diverse lunghezze d’onda della luce. È una notevole semplificazione dire che i coni producono la visione a colori, ma sono essenziali per questo scopo.
Le vie nervose dagli occhi al cervello Se vengono sovraesposti alla luce di un solo colore, i pigmenti dei coni si adattano per fornire un minore contributo alla nostra percezione di quel colore per un breve lasso di tempo. Nel corso degli ultimi 25 anni, sono state fatte importanti scoperte sul processo di fototrasduzione (la conversione della luce in segnali elettrici nei bastoncelli e nei coni), sulle basi genetiche della cecità ad alcuni colori che è dovuta all’assenza di alcuni pigmenti, sulle funzioni delle connessioni nella retina e sulla presenza di due tipi distinti di cellule gangliari.
Circa il 90% di queste cellule sono molto piccole, mentre un altro 5% è costituito da cellule più grandi, dette di Tipo M, o magnocellulari.
Vedremo in seguito che le anomalie nelle cellule di Tipo M possono essere all’origine di alcuni casi di dislessia.

I passi successivi nel processo visivo

Il nervo ottico di ciascun occhio entra nel cervello. Le fibre di ciascun nervo si incontrano in una struttura detta chiasma ottico; metà di esse passa nell’emisfero opposto, e si unisce alla metà del nervo ottico che non è passata dall’altra parte. Assieme, questi fasci di fibre costituiscono i tratti ottici, che ora contengono fibre provenienti da ambedue gli occhi e che si dirigono (attraverso un intrico di cellule e sinapsi in una struttura chiamata nucleo genicolato laterale) verso la corteccia cerebrale.
Questo è il luogo in cui vengono create le “rappresentazioni interne” dello spazio visibile che ci circonda. In modo analogo a quanto avviene per il tatto (Capitolo precedente), la parte sinistra del mondo visibile viene rappresentata nell’emisfero destro, e la parte destra nell’emisfero sinistro.
La rappresentazione neurale viene fatta a partire da informazioni provenienti da ciascun occhio e quindi le cellule nelle aree visive poste nella parte posteriore del cervello (dette V1, V2, eccetera) possono reagire in risposta ad una immagine che provenga indifferentemente da un occhi o dall’altro. Questa capacità è nota come binocularità.
La corteccia visiva è costituita da un certo numero di aree, ciascuna delle quali è dedicata ad uno degli aspetti del mondo visibile quali la forma, il colore, il movimento, la distanza, ecc. Le sue cellule sono organizzate in colonne.
Un concetto importante riguardo la capacità reattiva delle cellule è quello del campo recettivo: la porzione di retina sulla quale le cellule rispondono ad un tipo di immagine piuttosto che ad un altro.
In V1, ove avviene il primo stadio dell’elaborazione corticale, i neuroni rispondono meglio all’osservazione di linee o margini in un particolare orientamento.
È stato importante scoprire che tutti i neuroni che compongono ogni singola colonna rispondono maggiormente a linee o margini con un specifico orientamento, mentre la colonna adiacente risponde meglio a linee o margini con unorientamento leggermente diverso dal precedente, e così via su tutta la superficie di V1. Questo significa che le cellule della corteccia visiva hanno un’organizzazione intrinseca per l’interpretazione del mondo, ma non è un’organizzazione che non cambia mai.
David Hubel e Tornsten Wiesel La varietà di direzioni alla quale una singola cellula può essere reattiva viene modificata dall’esperienza attraverso i segnali che provengono dall’occhio destro o dall’occhio sinistro. Come per tutti i sistemi sensoriali, la corteccia visiva manifesta anch’essa quella capacità che abbiamo chiamato plasticità.
Le registrazioni elettriche effettuate da David Hubel e Tornsten Wiesel hanno rivelato alcune caratteristiche affascinanti delle cellule della corteccia visiva. Fra queste vi sono la selettività all’orientamento dello stimolo, la loro ordinata organizzazione colonnare e la plasticità dell’intero sistema.
Queste scoperte hanno portato alla assegnazione del Premio Nobel. L’intricata circuiteria della corteccia visiva è uno dei grandi rompicapo che hanno incuriosito i neuroscienziati. Differenti tipi di neuroni sono disposti in sei strati corticali, connessi a formare precisi circuiti locali che solo ora stiamo iniziando a comprendere.

FRONTIERE DELLA RICERCA

Puoi vedere se sei cieco? Certamente no. La scoperta della presenza di più aree visive, però, ha mostrato come alcune capacità visive si attuino in modo inconsapevole. Persone che hanno un danno esteso alla corteccia visiva primaria (V1) riferiscono di non poter vedere gli oggetti presenti nel loro campo visivo ma, se viene loro chiesto di prendere un oggetto che non possono vedere, lo fanno con notevole accuratezza.
Questo curioso e affascinante fenomeno è noto come “visione cieca” ed è probabilmente mediato da connessioni parallele che vanno dagli occhi ad altre regioni, integre, della corteccia cerebrale.
Non riconoscere le cose che si vedono è un fenomeno comune nella vita di tutti i giorni delle persone normali. Se si chiacchiera con un passeggero mentre si guida l’auto, la propria attenzione può essere interamente diretta verso la conversazione, ma si continua a guidare correttamente, fermandosi ai semafori ed evitando gli ostacoli. Questa capacità riflette un certo tipo di visione cieca funzionale. Alcune delle connessioni sono eccitatorie ed altre inibitorie.
Qualche neuroscienziato ha proposto l’ipotesi che esistano microcircuiti corticali canonici – come i circuiti integrati all’interno di un computer. Non tutti sono d’accordo. Ora si ritiene che la circuiteria in un’area visiva abbia notevoli somiglianze con quella in un’altra, ma potrebbero esserci sottili differenze che riflettono i diversi modi in cui ciascuna informazione elementare del cervello visivo fornisce un’interpretazione dei diversi aspetti del mondo visivo.
Inoltre, gli studi sulle illusioni ottiche hanno dato spunti sul tipo di processi che potrebbero avvenire passo per passo nell’analisi visiva.
analisi visiva Le strisce di questa famosa decorazione di un caffé di Bristol (a sinistra) sono perfettamente rettangolari, ma non sembrano tali. La disposizione degli elementi verticali crea una illusione causata da complesse interazioni eccitatorie e inibitorie fra i neuroni che elaborano le linee e i contorni.
Il Triangolo di Kanizsa (a destra) in realtà non esiste, ma ciò non impedisce di vederlo.
Il sistema visivo “decide” che un triangolo bianco si trova al di sopra degli altri oggetti della scena.

Decisione e Indecisione

Una funzione chiave della corteccia cerebrale è la capacità di mettere assieme informazioni sensoriali provenienti da diverse fonti ed elaborarle. L’abilità di prendere una decisione è una partecritica di questa capacità. Questa è la parte del processo che ha a che fare con il pensiero e il confronto con elementi noti, o “processo cognitivo”.
I dati sensoriali disponibili devono essere soppesati ed elaborati per formulare la scelta (ad esempio, muoversi o restare fermi) che meglio si adatti alla circostanza nel modo migliore possibile. Vi sono decisioni complesse che richiedono un ragionamento poderoso ed altre che possono essere semplici ed automatiche. Persino le decisioni più semplici possono coinvolgere la collaborazione fra le informazioni sensoriali e ciò che già si sa.

SOLO MACCHIE NERE?

solo macchie nere? All’inizio è difficile riconoscere bordi e superfici in questa immagine, ma una volta che si sa che si tratta di un cane dalmata, l’immagine “salta fuori”. Il cervello visivo usa le proprie rappresentazioni per interpretare le scene fornite dai sensi.
Un modo per cercare di comprendere le basi neurali del processo di decisione potrebbe essere quello di registrare l’attività dei neuroni di una persona durante le sue normali attività quotidiane.
Potremmo immaginare di essere in grado di registrare, con una precisione di un millisecondo, l’attività di ognuno dei 1011 neuroni del cervello. In questo modo, non solo avremmo una quantità ingestibile di dati, ma anche il compito di doverli interpretare, il che complicherebbe ulteriormente le cose.
Per capire il perché, si pensi un istante al motivo per cui le persone compiono per cui le persone compiono certe operazioni. Una persona che vediamo camminare in una stazione ferroviaria potrebbe trovarsi là per prendere un treno, incontrare qualcuno che sta arrivando, o persino per fare dei graffiti sui vagoni. Senza sapere quali siano le sue intenzioni, potrebbe risultare decisamente difficile interpretare le correlazioni fra qualsiasi modalità di attivazione nel suo cervello ed il suo comportamento.
Per questo motivo, ai neuroscienziati piace valutare il comportamento in situazioni tenute sotto un preciso controllo sperimentale. Questo può essere ottenuto mettendo a punto un compito specifico, assicurandosi che i soggetti umani lo eseguano al meglio delle loro possibilità dopo un intenso allenamento, e poi tenere sotto controllo l’esecuzione del compito.
Il compito meglio configurato deve avere la caratteristica di essere sufficientemente complesso da essere interessante, ma anche sufficientemente semplice da offrire la possibilità di essere seguito per capire cosa stia succedendo.
Un buon esempio è costituito dal processo di prendere una decisione sulle caratteristiche di due stimoli visivi – generalmente non più di due – e fornire una semplice risposta (ad esempio, quale sorgente luminosa è più intensa, o quale la più estesa). Benché si tratti di un compito semplice, ad esso si accompagna un ciclo completo di processo decisionale. L’informazione sensoriale viene acquisita ed analizzata; vi sono risposte corrette e sbagliate per la decisione che viene presa; si può pensare di assegnare una ricompensa a seconda che il compito venga eseguito in maniera corretta o meno.
Questo tipodi ricerca è una sorta di “fisica della visione”.

Decisioni sul Movimento e i Colori

Un argomento di grande interesse attuale è come i neuroni siano coinvolti nel prendere decisioni sulla visione del movimento. Sapere se un oggetto si sta muovendo o no, ed in quale direzione, è importante per gli esseri umani e per tutti gli altri esseri viventi. Il movimento relativo indica generalmente che un oggetto è differente da quelli che gli stanno attorno.
Le regioni del cervello visivo che sono coinvolte nella elaborazione delle informazioni sul movimento possono essere identificate come regioni anatomicamente distinte esaminando i percorsi delle fibre e le connessioni fra le aree cerebrali mediante tecniche di imaging cerebrale nell’uomo e registrando l’attività di singoli neuroni negli altri animali.
L’attività elettrica dei neuroni in una di queste aree, detta area MT o anche V5, è stata registrata nella scimmia, mentre essa eseguiva una semplice decisione sul percorso di un insieme di punti in movimento. La maggior parte dei punti veniva fatta muovere in maniera casuale in diverse direzioni, mentre solo alcuni si spostavano costantemente in una stessa direzione – verso l’alto, verso il basso, a destra o a sinistra.
L’osservatore doveva giudicare quale fosse la direzione del movimento preferenziale di tutto l’insieme. Il compito poteva essere reso molto semplice aumentando la percentuale di punti che si muovevano uniformemente, o più difficile riducendo questa percentuale.
Il risultato di questo esperimento è che l’attività delle cellule in V5 riflette accuratamente l’intensità del segnale fornito dal movimento uniforme. I neuroni in quest’area rispondono selettivamente a particolari direzioni di movimento, aumentando sistematicamente ed accuratamente la loro attività quando aumenta la percentuale di punti che si spostano nella direzione preferenziale delle cellule neurali. Sorprendentemente, alcuni singoli neuroni riescono ad identificare il movimento dei puntini come fa un osservatore osservatore, sia esso una scimmia o un essere umano, compiendo una scelta decisionale.
La microstimolazione di questi neuroni attraverso l’elettrodo che si usa normalmente per la registrazione può persino influenzare il giudizio della scimmia sullo spostamento relativo.
Questo è notevole, poiché un gran numero di neuroni è sensibile alla osservazione del movimento e ci si potrebbe aspettare che la decisione sia basata sull’attività di molti neuroni anziché solo di pochi.
Le decisioni prese sul colore procedono in maniera simile (vedi la seguente casella sulle Frontiere della Ricerca).

SENSIBILITA' AL MOVIMENTO

analisi visiva A. Vista laterale del cervello di scimmia con la corteccia visiva primaria (V1) a sinistra e l’area MT (chiamata anche V5) dove si trovano i neuroni sensibili al movimento.
B. Attività elettrica (potenziali d’azione: linee verticali) di un neurone sensibile al movimento di uno stimolo (barra bianca) che si muove da sud-est a nord-ovest, ma non in direzione opposta.
C. Stimoli utilizzati negli esperimenti sulla sensibilità al movimento, dove i cerchietti si muovono in tutte le direzioni (0% di coerenza) o in una sola direzione (100% di coerenza).
D. La capacità della scimmia di indicare la più probabile direzione dei cerchietti aumenta con la coerenza del loro movimento (linea gialla). La microstimolazione elettrica delle colonne di diverso orientamento sposta la linea della stima della direzione preferita (lineablu).
Il cubo di Necker Il cubo di Necker si inverte percettivamente. L’immagine sulla retina non cambia, ma il cubo può essere visto con l’angolo in alto a sinistra sia vicino all’osservatore sia in profondità.
A volte, ma raramente, può anche essere visto come una serie di linee che si incrociano su una superficie piana.
Esistono molti tipi di figure reversibili, alcune delle quali sono state utilizzate per esplorare i segnali nervosi che vengono coinvolti quando il cervello visivo prende decisioni su quale configurazione sia dominante in ogni momento.

Vedere per Credere

L’area V5 fa qualcosa di più della sola ricognizione del movimento di uno stimolo visivo, essa registra anche la percezione del movimento.
Usando alcuni trucchi visivi per far sembrare che un gruppo di puntini si stia spostando in una direzione muovendo opportunamente i puntini circostanti, dunque fornendo l’illusione del movimento, si osserva che i neuroni corrispondenti all’area dell’illusione inviano segnali differenti se lo spostamento illusorio è percepito verso sinistra o verso destra.
Se il movimento è completamente casuale, i neuroni che normalmente preferiscono lo spostamento verso destra si attiveranno un po’ di più se l’osservatore riferisce che il movimento casuale dei puntini sembra andare complessivamente verso destra (e viceversa).
Le differenze fra le decisioni neuronali di “movimento verso destra” o “verso sinistra” riflettono il giudizio dell’osservatore sulla modalità del moto, non la naturaassoluta del moto che viene presentato.

 Colin Blakmore Colin Blakmore ha contribuito alla comprensione di come il sistema visivo si sviluppi, compiendo studi pionieristici con culture cellulari per studiare le interazioni fra porzioni diverse delle vie nervose nel cervello dell’embrione (a sinistra).
A destra sono mostrati assoni (colorati in verde) che scendono dalla corteccia verso altre fibre (colorate in arancione) e che “si stringono la mano” prima di salire verso la corteccia.
Altri esempi di decisione o indecisione visiva includono le reazioni alla percezione di oggetti veramente ambigui, come il cosiddetto cubo di Necker (vedi Figura).
Con questo tipo di stimolo, l’osservatore è posto in uno stato forzato di indecisione e fluttua continuamente fra un’interpretazione ed un’altra.
Un simile conflitto interiore si può sperimentare guardando un gruppo di linee verticali con l’occhio sinistro mentre con l’occhio destro si guardano delle linee orizzontali. La percezione risultante è detta rivalità binoculare, poiché l’osservatore riferisce inizialmente di vedere soprattutto linee verticali, poi orizzontali e poi nuovamente verticali.
Di nuovo, i neuroni in diverse aree della corteccia visiva reagiscono diversamente quando la percezione dell’osservatore cambia da orizzontale a verticale e viceversa.
Il nostro mondo visibile è un posto affascinante. La luce che entra negli occhi ci permette di apprezzare il mondo intorno a noi, dalla semplicità di certi oggetti alle opere d’arte che ci abbagliano ed incantano. Milioni e milioni di neuroni sono coinvolti, con diversi ruoli che vanno dal fotorecettore retinico che risponde ad un puntino luminoso al neurone in area V5 che decide se qualcosa nel mondo visibile si sta muovendo.
Tutto ciò avviene apparentemente senza sforzo nel nostro cervello.
Non siamo ancora in grado di capire tutto questo, ma i neuroscienziati ci stanno lavorando e progrediscono a grandi passi.

FRONTIERE DELLA RICERCA

Frontiere della ricerca Cellule sensibili ai colori.
Alcuni neuroni mostrano attività elettriche diverse a seconda della lunghezza d’onda della luce. Alcuni rispondono meglio alle onde lunghe, altri a quelle corte.
Si potrebbe pensare che ciò sia sufficiente a percepire i colori, ma non è sempre così. Si paragoni l’attività della cellula a sinistra con quella della cellula a destra. Qual’è la differenza?
Sotto è riportata una rappresentazione ragionata di uno sfondo colorato chiamato Mondrian (dall’artista Peter Mondrian). Può essere illuminato con differente combinazioni di onde lunghe, medie e corte, così che ogni pannello colorato rifletta esattamente la stessa miscela luminosa: ciò nonostante si continuerebbero a percepire colori diversi a causa della presenza dei pannelli circostanti.

Sinistra.
La cellula a sinistra, registrata in V1, risponde più o meno allo stesso modo in tutti i casi. Non “percepisce” i colori: semplicemente risponde alle identiche miscele di lunghezze d’onda riflesse da ciascun pannello.

Destra.
Una vera cellula sensibile ai colori dell’area V4 risponde bene a un’area del Mondrian che viene percepita rossa, ma molto meno agli altri pannelli. La diversità di risposta si verifica anche quando la stessa tripletta di lunghezze d’onda è riflessa da ciascun pannello. V4 può quindi essere la parte del cervello che consente di percepire i colori, anche se alcuni neuroscienziati ritengono che non sia l’unica.

La Giunzione Neuromuscolare

La Giunzione Neuromuscolare All’estremo inferiore della catena gerarchica del movimento, il midollo spinale, centinaia di migliaia di cellule nervose specializzate dette motoneuroni aumentano la frequenza della loro attività elettrica.
Gli assoni di questi neuroni proiettano verso i muscoli dove attivano le fibre muscolari contrattili.
La Giunzione Neuromuscolare Per far contrarre i muscoli, i nervi formano contatti specializzati con ogni singola fibra muscolare, a livello delle giunzioni neuromuscolari. Man mano che si sviluppano, più fibre nervose si dirigono verso ciascuna fibra muscolare ma, a causa della competizione fra neuroni, vengono tutte eliminate, tranne una.
La fibra che rimane rilascia il suo neurotrasmettitore acetilcolina su molecole recettrici specializzate nella “placca muscolare” (in rosso). L’immagine è stata ottenuta con un microscopio confocale.
I rami terminali degli assoni di ciascun motoneurone formano giunzioni neuromuscolari specializzate con un numero limitato di fibre muscolari su ogni muscolo (vedi Figura).

Ciascun potenziale d’azione in un motoneurone causa il rilascio di un neurotrasmettitore dalle terminazioni nervose e genera un corrispondente potenziale d’azione nelle fibre muscolari.
Questo provoca il rilascio di ioni Ca++ da parte di opportuni magazzini intracellulari localizzati in ciascuna fibra muscolare. Conseguentemente si ha l’inizio della contrazione muscolare, che produce la forza ed il movimento.
Le sette regioni del cervello coinvolte nel movimento. Gli eventi elettrici nei muscoli del braccio possono essere registrati con un amplificatore, anche attraverso la pelle, e queste registrazioni elettromiografiche (EMG) possono esser utilizzate per misurare il livello di attività in ciascun muscolo (vedi Figura Laterale).
Il midollo spinale gioca un ruolo importante nel controllo dei muscoli attraverso un gran numero di diversi percorsi riflessi.
Fra questi c’è il riflesso di ritrazione che ci protegge dagli oggetti appuntiti o incandescenti, ed il riflesso di estensione che ha un ruolo nella postura del corpo.
Il ben noto riflesso del “martelletto” è un esempio di riflesso di estensione piuttosto particolare, perché coinvolge solo due tipi di cellule nervose – i neuroni sensoriali che rilevano l’allungamento del muscolo, connessi attraverso sinapsi ai motoneuroni che ne causano la contrazione.

“... i neuroni specchio faranno per la psicologia quello che il DNA ha fatto per la biologia: forniranno una visione unificata e aiuteranno a spiegare una quantità di capacità mentali che sono ancora misteriose e inaccessibili alla sperimentazione” V.S. Ramachandran

UN ESPERIMENTO SUL MOVIMENTO

Chi è che mi muove?
Fai questo esperimento con un amico. Metti un libro pesante sul palmo della tua mano destra. Adesso solleva il libro con la mano sinistra. Devi riuscire a tenere ferma la mano destra. Ti sembrerà facile.
Adesso prova di nuovo, tenendo la mano con il libro assolutamente ferma mentre il tuo amico lo solleva.
Poche persone ci riescono. Non ti preoccupare: bisogna provare molte volte, prima di avvicinarsi a quanto ti è stato facile farlo da solo.
Questo esperimento dimostra che le aree sensitivo-motorie del tuo cervello conoscono meglio quello che fai interamente da solo che quando sono altri ad avviare le tue azioni.

Il vertice della gerarchia – la corteccia motoria

All’opposto dell’estremità inferiore della gerarchia motoria, nella corteccia cerebrale, uno sconcertante numero di calcoli deve essere eseguito in ogni istante da molte decine di migliaia di cellule per ciascuna componente del movimento. Questi calcoli garantiscono che il movimento venga eseguito con abilità e precisione.
A metà strada fra la corteccia cerebrale ed i motoneuroni del midollo spinale, alcune aree di estrema importanza nel tronco cerebrale combinano le informazioni, riguardanti gli arti e i muscoli, che salgono dal midollo spinale con le informazioni che discendono dalla corteccia cerebrale.
La corteccia motoria è un sottile foglio di tessuto che si estende sulla superficie del cervello, esattamente davanti alla corteccia somatosensoriale (vedi il capitolo 5).
Qui si trova una completa mappa del corpo: le cellule nervose che causano il movimento nei differenti arti (attraverso connessioni con i motoneuroni situati nel midollo spinale) sono organizzate topograficamente. Usando un elettrodo per la registrazione, si possono ritrovare in ogni parte di questa mappa neuroni che sono attivi circa 100 millisecondi prima che inizi l’attività nei muscoli appropriati. Che cosa venga codificato nella corteccia motoria è stato a lungo argomento di discussione – chiedendosi se le cellule nella corteccia codificano l’azione che una persona vuole eseguire o i singoli muscoli che devono essere contratti per eseguirla.
La risposta a questa domanda è risultata essere un po’ inattesa: i singoli neuroni non si occupano di nessuna di queste due attività.
Il meccanismo utilizzato è una codifica di popolazione in cui le azioni sono specificate dalla compartecipazione attiva di un insieme di neuroni.
la corteccia motoria Anteriormente alla corteccia motoria si estendono le importanti aree premotorie che sono coinvolte nella progettazione delle azioni, nella preparazione almovimento dei circuiti spinali, ed in processi che stabiliscono collegamenti fra la visione delle azioni e la comprensione della gestualità.
Nuovi studi hanno portato alla notevole scoperta dei neuroni specchio, che nelle scimmie rispondono sia quando il primate vede il movimento di una mano sia quando è esso stesso a muoverla.
I neuroni specchio sembrano essere importanti per le facoltà imitative e per comprendere le azioni.
Posteriormente alla corteccia motoria, nella corteccia parietale, un certo numero di aree differenti è coinvolto nella rappresentazione spaziale del corpo e degli elementi visibili e sonori che ci circondano.
la corteccia motoria Queste aree sembrano contenere una mappa di dove si trovano i nostri arti, e di dove sono situati obiettivi interessanti intorno e rispetto a noi.
Danni a queste aree, ad esempio dopo un ictus, possono causare una perdita dell’abilità di raggiungere un oggetto o persino non riuscire a vedere o percepire una parte di ciò che ci sta attorno.
Pazienti che soffrono di un cosiddetto neglect parziale non riescono a notare la presenza di oggetti (spesso se posti alla loro sinistra) ed alcuni ignorano persino la parte sinistra del proprio corpo.

I Gangli della Base

I gangli della base sono un agglomerato di aree interconnesse localizzate al di sotto della corteccia nelle profondità degli emisferi cerebrali.
Essi sono cruciali per poter iniziare un movimento, anche se il modo in cui agiscono è ancora poco chiaro. I gangli della base sembrano agire come un complesso filtro, che seleziona le informazioni nella mischia dell’enorme numero di diversi impulsi che ricevono dalla metà anteriore della corteccia (le regioni sensoriale, motoria, prefrontale e limbica). Ciò che è analizzato dai gangli della base viene rispedito alle aree della corteccia motoria.
Una malattia piuttosto diffusa del sistema motorio umano, il morbo di Parkinson, è caratterizzata da tremori e dall’inabilità ad iniziare un movimento.
È come se il filtro selettivo nei gangli della base fosse bloccato.
Il problema è identificato nella degenerazione dei neuroni in un’area del cervello chiamata substantia nigra (il nome deriva dal fatto che appare di colore molto scuro), i cui lunghi assoni rilasciano il neurotrasmettitore dopamina nei gangli della base (vedi la casella Frontiere della Ricerca). La precisa disposizione degli assoni che rilasciano dopamina sui neuroni bersaglio nei gangli della base è piuttosto intricata, suggerendo un’importante interazione fra diversi neurotrasmettitori neurotrasmettitori.
Il trattamento con il farmaco LDopa, che è convertito in dopamina nel cervello, ripristina i livelli di dopamina e consente nuovamente il movimento.
I gangli della base sono anche ritenuti importanti per l’apprendimento, consentendo la selezione di azioni che portino ad una gratificazione.

Il Cervelletto

Il cervelletto è essenziale per i movimenti che richiedono abilità e coerenza.
Si tratta di una meravigliosa macchina neuronale la cui intricata architettura cellulare è stata mappata con grande dettaglio. Cellula del Purkinje del cervelletto, con la estesa “arborizzazione” dei suoi dendriti.
Essa serve a ricevere la miriade di impulsi necessari per la precisa temporizzazione dei movimenti di abilità che impariamo. Come i gangli della base, esso è interconnesso estensivamente con le aree corticali coinvolte nel controllo del movimento, ed anche con le strutture del tronco cerebrale.
Danni al cervelletto causano una riduzione della coordinazione motoria, perdita dell’equilibrio, difficoltà di parola, ed anche un certo numero di difficoltà cognitive.
Tutto questo suona familiare? L’alcol ha un potentissimo effetto sul cervelletto. Il cervelletto è inoltre vitale per l’apprendimento motorio e l’adattabilità dei movimenti.
Quasi tutte le azioni volontarie si basano sul controllo fine dei circuiti motori, ed il cervelletto è importante per la loro regolazione ottimale – ad esempio nel caso della temporizzazione dei gesti. La sua struttura corticale è molto regolare, e sembra essersi evoluto per far convergere grandi quantità di informazioni dal sistema sensoriale, le aree corticali motorie, il midollo spinale e il tronco cerebrale.
L’acquisizione di abilità motorie dipende da un meccanismo di apprendimento cellulare chiamato “depressione a lungo termine” (LTD), che riduce l’intensità di alcune connessioni sinaptiche (vedi il capitolo sulla Plasticità). Esistono molte teorie sulla funzione del cervelletto: alcune esprimono l’idea che esso generi un “modello” di come il sistema motorio lavora – una sorta di simulatore di realtà virtuale del vostro corpo nella vostra testa.
Il cervelletto costruirebbe questo modello usando la plasticità sinaptica che è intrinseca al suo complicato intreccio.
Allora, prova ad afferrare nuovamente il pallone, e capirai che quasi tutti i livelli della tua gerarchia motoria sono coinvolti – dalla pianificazione dell’azione in relazione all’obiettivo visivo, alla programmazione del movimento degli arti, alla corretta posizione del braccio.

FRONTIERE DELLA RICERCA

Una storia inaspettata sulla dopamina La chimica che sottostà alle azioni e alle abitudini coinvolge il neurotrasmettitore dopamina, che è rilasciato sui neuroni dei gangli della base, dove agisce su recettori metobotropici (cap. 3).
Viene utilizzato sia come incentivo all’azione che come ricompensa per le azione svolte in modo appropriato. Una scoperta inaspettata è che il rilascio di dopamina è maggiore quando la ricompensa è imprevista.
In altre parole, l’attività dei neuroni dopaminergici è molto elevata a uno stadio dell’apprendimento quando è particolarmente utile fornire un forte rinforzo al sistema motorio per aver prodotto la giusta attività.
I movimenti possono così essere raccolti insieme nella sequenza appropriata tramite la liberazione di successive ondate di dopamina.
Successivamente, in particolare se movimenti complessi diventano abitudinari, il sistema lavora liberamente senza più la ricompensa dopaminergica.
A questo punto, sopratutto se il movimento deve essere accuratamente temporizzato, inizia il ruolo del cervelletto.
A tutti questi livelli, avrai certamente bisogno di integrare l’informazione sensoriale con il fiume di segnali che vanno ai tuoi muscoli.



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Il meccanismo della visione

di Maria Teresa Tuccio

Funzionamento occhio Per capire il meccanismo della visione umana dobbiamo distinguere tre parti:
  • L'occhio: un sistema ottico che forma e proietta le immagini su una superficie sensibile
  • La retina: una superficie sensibile che raccoglie le immagini, ne fa una prima elaborazione e trasmette l'informazione ai centri superiori (corpo genicolato laterale, corteccia cerebrale visiva)
  • Il cervello: un elaboratore dei dati provenienti dalla retina che li elabora ulteriormente e "forma" l'immagine definitiva.
Quando ci saremo fatti un'idea del funzionamento di questi tre sistemi, potremo studiare la percezione visiva.

Occhio

Meccanismo della visione L'occhio umano e' un sistema ottico relativamente semplice, costituito da un diottro (cornea, umor acqueo, e umor vitreo) di indice di rifrazione 1.33 e da una lente biconvessa, il cristallino, di indice di rifrazione 1.44, in cui la curvatura della faccia anteriore può essere modificata dalla contrazione dei muscoli ciliari, variando così la distanza focale della lente (accomodamento).
Cornea, camera anteriore, cristallino e camera posteriore nel loro complesso formano una lente convergente (provvista di una distanza focale variabile fra 2,4 e 1,7 cm) che proietta le immagini sulla retina, rimpicciolite e capovolte.
Una membrana muscolare, l'iride, al cui centro e' ricavata un'apertura, la pupilla, serve a diaframmare, cioe' a regolare la quantita' di luce che entra nell'occhio.

Retina

Retina La superficie sensibile dell'occhio e' costituita dai fotorecettori (i bastoncelli ed i coni), il cui compito è quello di trasformare in impulsi elettrici le informazioni ricevute dalle reazioni fotochimiche che vengono attivate dalla radiazione luminosa e di inviare questi segnali ai neuroni retinici - le cellule orizzontali, bipolari, amacrine e ganglionari - che sono variamente connessi fra di loro ed effettuano una prima elaborazione del segnale visivo.
Gli assoni delle cellule gangliari si riuniscono in modo da formare il nervo ottico, un cavo che conduce l'informazione visiva fuori dalla retina fino ai centri superiori, dapprima al corpo genicolato laterale e da qui alle aree corticali.
Le fibre nervose provenienti da punti diversi della retina si dirigono verso punti diversi del nucleo genicolato (LGN) e della corteccia, ricreando così una mappa cerebrale della retina nel cervello.

Meccanismo della visione

Da puntualizzare:

  • Coni e bastoncelli (6 e 120 milioni), iodopsina e rodopsina, diversa sensibilita' spettrale, diverso adattamento al buio
  • Fovea
  • Punto cieco
  • Connessioni retiniche: recettori-bipolari-amacrine-gangliari; le cellule orizzontali stabiliscono contatti tra diversi recettori
  • Visione scotopica e visione fotopica
  • Campi recettivi center-ON e center-OFF delle cellule gangliari

Cervello

Vie ottiche: chiasma, corpo genicolato, corteccia visiva area 17.
Interazione fra i due occhi.
Elaborazione ed organizzazione dell'informazione visiva:
  • Nel corpo genicolato l'immagine subisce una prima elaborazione che cerca di mettere in evidenza l'oggetto rispetto allo sfondo, i suoi contorni, le differenze di contrasto.
  • Studi elettrofisiologici di Hubel e Wiesel sulla corteccia visiva del gatto e della scimmia: cellule semplici (campi recettivi ON-OFF di forma allungata) selettive per l'orientamento dello stimolo; cellule complesse rispondono alla direzione di movimento dello stimolo; cellule ipercomplesse selezionano anche le dimensioni dello stimolo.
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