Occhio ai geni coinvolti nelle patologie della vista!

Occhio ai geni coinvolti nelle patologie della vista!

Terapia genica

by:https://www.osservatorioterapieavanzate.it
 
Occhio ai geni coinvolti nelle patologie della vista!

Nelle distrofie retiniche ereditarie l’esecuzione di un test genetico conduce a una rapida e precisa diagnosi di malattia e facilita l’avvio al trattamento, compreso quello con terapia genica 
Usher, Stargardt, Leber. A leggere questi nomi si potrebbe immaginare appartengano ai membri di una band di musica heavy-metal finlandese, invece si tratta dei componenti di un gruppo meno rumoroso e più pericoloso: quello delle distrofie ereditarie della retina, costituito da varie malattie rare (e ultra-rare) dell’occhio correlate a seri disturbi della vista. Con la loro ridotta incidenza sul piano individuale esse sono poco note al grande pubblico, ma globalmente rappresentano un problema da conoscere, o meglio, da riconoscere per tempo in modo tale da iniziare tempestivamente i trattamenti. Lo conferma la professoressa Francesca Simonelli, Direttrice della Clinica Oculistica dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli.

“Le distrofie retiniche ereditarie sono patologie genetiche della retina che interessano i fotorecettori, le cellule visive per eccellenza, da cui parte lo stimolo indispensabile per la visione”, spiega Simonelli. “Si distinguono in coni, localizzati nella parte centrale della retina [detta macula, N.d.R.] e deputati alla visione diurna: essi ci permettono di vedere sia da lontano che da vicino. Poi ci sono i bastoncelli, di forma allungata, posizionati nella regione laterale della retina e incaricati della visione notturna e periferica”. Malattie come la retinite pigmentosa e l’amaurosi congenita di Leber colpiscono per primi i bastoncelli e poi i coni, diversamente le distrofie maculari, come la Stargardt, colpiscono prima i coni e successivamente l’altra popolazione cellulare. Nel complesso, danneggiando queste preziose strutture dell’occhio le distrofie retiniche causano una progressiva riduzione della vista fino - nei casi più severi - a comprometterla definitivamente.

Allo scopo di favorire una più capillare diffusione della conoscenza su tal malattie ereditarie e sulle più opportune modalità di presa in carico di quanti ne sono affetti, l’azienda farmaceutica Janssen ha sviluppato il sito ‘Geni in vista’ con il quale inaugura il suo ingresso in una nuova area terapeutica dove conta soprattutto il ruolo della medicina di precisione. Infatti, il sito - corredato da una serie di informazioni generali sulle distrofie retiniche ereditarie e sui centri specializzati dove curarle - si sofferma sul valore del test genetico, strumento d’elezione per una diagnosi accurata di malattia. “Tra le conclusioni di uno studio clinico di medicina narrativa pubblicato sulla rivista Orphanet Journal of Rare Disease spicca l’ampio arco temporale necessario per giungere a una diagnosi certa”, aggiunge la prof.ssa Simonelli. “Lo studio ha evidenziato che le famiglie dove sia presente un bambino affetto da una distrofia retinica ereditaria cambiano fino a 8-9 differenti oculisti prima di arrivare a una diagnosi clinica di malattia. Ciò implica un inaccettabile ritardo diagnostico per delle malattie in cui la precocità risulta, invece, fondamentale”.

Al fine di scongiurare i ritardi è necessario costruire percorsi diagnostici e terapeutici da condividere con tutte le figure coinvolte nella presa in carico dei malati, a cominciare dai pediatri che rappresentano il primo punto di riferimento per un genitore il cui bambino presenti denoti alcune difficoltà di visione. “Quando in un bambino si riscontrano bruschi cali di vista oppure la difficoltà a vedere di notte [nictalopia, N.d.R.] è fondamentale inviarlo tempestivamente presso i centri specializzati dove lavorano oculisti formati a riconoscere le distrofie retiniche”, prosegue Simonelli rivolgendosi ai pediatri. “Per formulare una diagnosi corretta servono infatti le giuste competenze nonché strumenti e apparecchiature adatte”. Tra queste figura il test genetico grazie ai cui i medici sono in grado di identificare con precisione la causa genetica alla base del problema: una distrofia ereditaria della retina può essere causata da più geni, come nel caso della retinite pigmentosa. E alcuni di essi possono essere addirittura coinvolti in patologie differenti, ad esempio nella malattia di Stargardt. Perciò occorre scegliere un test che permetta di inquadrare in modo preciso la causa della problematica. 

“Nell’esperienza della nostra Clinica Oculistica il test genetico consente di arrivare al riconoscimento della mutazione genetica che è causa della malattia nel 70% circa dei pazienti”, puntualizza Simonelli. “Ciò non solo permette di distinguere forme differenti di malattia che sul piano clinico hanno gli stessi sintomi, ma può definire meglio la prognosi della malattia, aiutando il medico a capire se quella che ha davanti sia o meno una malattia a progressione rapida”. Inoltre, è possibile valutare di proporre il test anche ai familiari del paziente così da avere un quadro il più possibile completo. “Infine, una volta appurato il tipo di mutazione genetica all’origine della malattia possiamo avviare i pazienti al trattamento più opportuno”, prosegue la professoressa napoletana. “Ragionando anche sulla possibilità di candidarli a sperimentazioni fra cui quelle con terapie geniche”.

In Italia è disponibile una sola terapia genica autorizzata (e rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale) per le distrofie retiniche ereditarie, in particolare modo per la forma legata a mutazioni del gene RPE65. “Al momento attuale presso la nostra Clinica Oculistica abbiamo trattato 29 pazienti con questa terapia genica, collocandoci al primo posto in Europa nell’elenco dei centri che singolarmente erogano il trattamento”, afferma Simonelli. “Dodici di essi sono bambini in cui abbiamo avuto riscontro di un sensibile miglioramento della nictalopia e della vista sia da lontano che da vicino. Negli adulti non abbiamo riscontrato i medesimi progressi - a parte un incremento della visione di notte - e questo conferma la bontà e la necessità di un intervento precoce”.

Entro breve tempo alla Clinica Oculistica diretta dalla professoressa Simonelli avrà inizio uno studio clinico di Fase III su una terapia genica per una forma di retinite pigmentosa legata a mutazioni del gene RPGR e, successivamente, anche uno studio di Fase I su una terapia genica contro la malattia di Usher di tipo IB. “Quest’ultima è una patologia genetica che comporta una doppia disabilità, poiché nei pazienti la retinite pigmentosa si associa a sordità ed è provocata da mutazioni nel gene MYO7A che codifica per la proteina miosina 7A”, conclude Simonelli. “Il protocollo di studio contiene elementi di forte novità dal momento che ci sono voluti molti anni per mettere a punto la tecnologia a doppio vettore usata per questa terapia. Fortunatamente, gli intensi sforzi del professor Alberto Auricchio e del suo team al Tigem di Napoli hanno condotto alla possibilità di dividere a metà il gene sano e caricarlo su due vettori distinti che poi si ricongiungono e ne permettono l’espressione a livello della retina”. Di questa strategia del “doppio vettore” per terapie geniche ideate per la vista avevamo già parlato qui e lo stesso approccio è stato recentemente utilizzato negli Stati Uniti per una terapia genica per una forma ereditaria di sordità.

Dopo vari studi preclinici condotti su modelli animali di topo, maiale e scimmia è stata confermata la fattibilità del processo e, in seguito alla sottomissione del protocollo ai responsabili dell’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA), finalmente lo studio clinico di Fase III è ai blocchi di partenza. Se tutto andrà per il meglio a maggio potrebbe esser arruolato il primo paziente con retinite pigmentosa legata a mutazioni del gene RPGR e sarebbe un altro importante traguardo per la ricerca italiana nel campo delle terapie avanzate.

Di: Enrico Orzes , 12 Febbraio 2024
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