C'è una correlazione tra consumo eccessivo di carne e diabete di tipo 2. Che cosa evidenziano due nuovi studi

C'è una correlazione tra consumo eccessivo di carne e diabete di tipo 2. Che cosa evidenziano due nuovi studi

Una dieta particolarmente ricca di carne e di ferro «eme» può aumentare il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. 
Sotto accusa, in particolare, la carne rossa e quella processata

Che una dieta eccessivamente ricca di carne sia nociva per la salute è ormai un fatto noto, comprovato da fior fiore di ricerche autorevoli. 
Ora, però, due studi scientifici freschi di pubblicazione aggiungono un tassello fondamentale alla crescente mole di prove che indicano un legame tra un regime alimentare ricco di carne (in particolare quella rossa e quella processata) e un aumento del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, malattia cronica che si verifica quando il corpo non riesce a utilizzare correttamente l'insulina, un ormone che regola i livelli di glucosio (zucchero) nel sangue.

A differenza del diabete di tipo 1, in cui il corpo non produce affatto insulina, nel diabete di tipo 2 il corpo può ancora produrre insulina, ma non la utilizza in modo efficace. 
Questo fenomeno è noto come insulino-resistenza. 
Scopriamo di più di quello che è emerso dai recenti lavori.

Carne rossa e carne lavorata: i risultati della prima ricerca
Il primo studio, pubblicato su The Lancet Diabetes and Endocrinology, ha analizzato i dati di quasi due milioni di adulti provenienti da 31 studi condotti in 20 paesi, tra Stati Uniti, Europa e Asia. 
I ricercatori hanno esaminato le abitudini alimentari dei partecipanti, i quali sono stati seguiti per un periodo medio di 10 anni. 
Dopo aver verificato i vari fattori di rischio come il fumo, l'inattività fisica, l'indice di massa corporea e la storia familiare di diabete, i risultati hanno mostrato un aumento significativo del rischio di diabete di tipo 2 legato al consumo di carne. 
In particolare, per ogni 1,8 once (pari a circa 50 grammi) di carne lavorata consumata quotidianamente, il rischio di sviluppare diabete di tipo 2 aumentava del 15%. 
Questo quantitativo equivale approssimativamente a una salsiccia di medie dimensioni o a due o tre fette di pancetta.

Anche il consumo di carne rossa non lavorata ha mostrato un impatto preoccupante: ogni 3,5 once (circa 100 grammi) di carne consumata giornalmente aumentava il rischio del 10%. Q
uesto quantitativo corrisponde a una piccola bistecca. 
I risultati sottolineano, quindi, l'importanza di considerare il tipo, la qualità e la quantità di carne inserita nella dieta quotidiana.

Il secondo studio evidenzia il ruolo del ferro «eme» presente in abbondanza nella carne rossa
Il secondo studio, pubblicato sulla rivista Nature Metabolism pochi giorni fa, ha aggiunto nuove prove riguardo al ruolo del ferro eme, una forma di ferro presente in abbondanza nella carne rossa e, in minore quantità, in pesce e pollame. 
In particolare, il ferro eme è quello che consente di formare l'emoglobina, con la funzione fondamentale di trasportare l'ossigeno nel sangue e ai tessuti. 
La forma non eme invece è inorganica e si trova prevalentemente nei vegetali, specialmente in quelli a foglia verde scuro, nei semi e nei legumi.

Da tempo si sospetta che questo tipo di ferro possa essere un fattore scatenante per il diabete di tipo 2. 
I ricercatori hanno seguito circa 205.000 adulti americani per un periodo massimo di 36 anni, durante i quali circa 21.000 partecipanti hanno sviluppato il diabete di tipo 2. 
I risultati hanno parlato chiaro: coloro che consumavano regolarmente elevate quantità di ferro eme – derivanti principalmente da otto o dieci porzioni settimanali di carne rossa non lavorata – avevano il 26% in più di probabilità di sviluppare il diabete rispetto a chi ne consumava quantità inferiori. 
Inoltre questi soggetti mostravano livelli elevati di lipidi nel sangue, resistenza all'insulina e marcatori infiammatori, tutti fattori legati allo sviluppo del diabete di tipo 2.

FONTI SCIENTIFICHE CITATE IN QUESTO ARTICOLO:

1 Studio pubblicato su The Lancet Diabetes and Endocrinology

2 Studio pubblicato su Nature Metabolism

fonte vanityfair  agosto 2024
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