Gli alimenti ultra processati sono dannosi: la proposta di specificarlo sull'etichetta, come succede con le sigarette

Gli alimenti ultra processati sono dannosi: la proposta di specificarlo sull'etichetta, come succede con le sigarette

Avviene già in Argentina, Colombia, Perù e Messico. Ma ora il medico che per primo ha catalogato i cibi dai più ai meno benefici, chiede che la pratica diventi globale

Gli alimenti ultra processati sono gli osservati speciali degli ultimi anni, al punto che in alcuni Paesi dell'America Latina - tra cui Argentina, Colombia, Perù e Messico - sono stati già etichettati come dannosi per l'organismo attraverso ottagoni neri che avvisano il consumatore su calorie in eccesso, grassi totali, grassi saturi, sodio o zuccheri aggiunti. 
Un po' come succede con le sigarette, insomma, in questi luoghi si è puntato sul consumo consapevole. 

E ora c'è chi chiede che l'abitudine diventi globale: si tratta di Carlos Monteiro, professore di nutrizione e salute pubblica presso l'Università di San Paolo ed epidemiologo nutrizionista, che ldi recente ha presentato le sue scoperte, chiedendo le relative etichette di avvertenza all'International Congress on Obesity, organizzato dalla World Obesity Federation. 

In quell'occasione, ha anche proposto di vietare la vendita di UPF nelle scuole e nelle strutture sanitarie, suggerendo perfino che questi prodotti siano tassati più pesantemente rispetto alle opzioni fresche e meno lavorate.

Cosa sono gli alimenti ultra processati?
Proprio Montero, una decina di anni fa, ha sviluppato con i suoi collaboratori la classificazione NOVA per i cibi, che vanno da quelli non trasformati - come frutta fresca, verdura e pesce - agli ultra trasformati (UPF) che contengono additivi, aromi, coloranti e dolcificanti. 

Si tratta di quattro categorie.

Cibi non lavorati o minimamente lavorati , come frutta e verdura fresca o congelata, fagioli, lenticchie, carne, pollame, pesce, uova, latte, yogurt bianco, riso, pasta, farina di mais, caffè, tè, erbe e spezie.

Ingredienti culinari trasformati, come oli da cucina, burro, zucchero, miele, aceto e sale.

Cibi trasformati realizzati combinando alimenti della categoria 1 con ingredienti della categoria 2 e conservandoli o modificandoli con metodi relativamente semplici come inscatolamento, imbottigliamento, fermentazione e cottura al forno. 
Questo gruppo include pane appena sfornato, la maggior parte dei formaggi e verdure, fagioli e pesce in scatola. 
Questi alimenti possono contenere conservanti che prolungano la durata di conservazione.

Alimenti ultra processati. 
Ed eccoci al peggio: si tratta di alimenti realizzati con metodi industriali e ingredienti che normalmente non troveresti nei supermercati, come sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, oli idrogenati e proteine ??concentrate come l'isolato di soia. 
Spesso contengono additivi come aromi, coloranti o emulsionanti per renderli più attraenti e gradevoli al palato. 
Vi rientrano bibite e bevande energetiche, patatine, caramelle, yogurt aromatizzati, margarina, bocconcini di pollo, hot dog, salsicce, salumi, maccheroni e formaggio in scatola, formule per neonati (ebbene sì) e la maggior parte dei pani confezionati, latti vegetali, sostituti della carne e cereali per la colazione.

Una proposta sensata?
Bene: dopo aver studiato gli effetti delle diete che sono ricche dell'ultima, dannosa categoria di cibi, come si diceva Carlos Monteiro ha appena raccomandato che questi alimenti vengano etichettati per quello che sono, cioè dannosi per l'organismo, come avviene nei Paesi più attenti alla salute dell'America Latina. 
«Gli UPF stanno aumentando il loro predominio nelle diete globali, nonostante il rischio che rappresentano per la salute in termini di aumento del rischio di molteplici malattie croniche», ha spiegato al Guardian. 
Addirittura, diversi studi recenti li vedono coinvolti anche nei processi di degenerazione cognitiva, oltre che in patologie gravi come i tumori. 
«Stanno soppiantando cibi più sani e meno elaborati in tutto il mondo, causando un deterioramento della qualità della dieta e guidando la “pandemia” di obesità e di altre diverse malattie croniche, come il diabete». 
Poiché non c'è più alcun dubbio che si tratti di prodotti nocivi - infiltrati ormai nei regimi alimentari globali fino a stravolgere i corretti stili di vita locali - a questo punto la domanda è: l'Italia, se non il mondo, dovrebbe seguire l'esempio di Argentina, Colombia, Perù e Messico etichettandoli come tali, come suggerisce il dottor Monteiro? 
A noi, la proposta sembra sensata.

vanityfair agosto 2024

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