Dieta sana con la regola delle «3 V»

Dieta sana con la regola delle «3 V»

La dieta del momento non promette di far perdere dieci chili in sette giorni, né si basa su teorie ardite, beveroni magici, superfood esotici. 

Al contrario, consiste in un regime alimentare sano e sostenibile con «la regola delle 3 V», che stanno per «Vero, Vegetale e Vario». 

L'hanno elaborato Anthony Fardet - dottore in nutrizione umana, ricercatore in nutrizione preventiva e sostenibile - ed Edmond Rock, direttore della ricerca presso l’Istituto nazionale di ricerca per l’agricoltura, l’alimentazione e l’ambiente con sede a Parigi (INRAE). 

Condividendo più o meno lo stesso appello, in realtà, che il biologo nutrizionista Stefano Vendrame, ha lanciato con il suo nuovo libro Trappole alimentari. 

Cosa è andato storto nella nostra dieta e come rimediare (Longanesi, 300 pagine, 18 euro), dove invita proprio alla massima alla varietà, a un maggior consumo di alimenti vegetali e a «limitare i cibi ultraprocessati, che forniscono tante calorie per lo più vuote, cioè senza fornire nutrienti». 

Come le merendine, spiega, «che per altro vengono assorbite rapidamente perché si masticano e deglutiscono velocemente. O le pepite di pollo dei fast food: le inghiottiamo in due bocconi, tanto che il cervello fatica a registrarle. 

Così, assumiamo anche mille calorie senza rendercene conto, mentre in natura questo implicherebbe una lunga masticazione accompagnata da un’abbondante assunzione di fibre».

Preferire il cibo vero
Mangiare «vero», anzitutto, significa previlegiare gli alimenti che si trovano in natura (dalle mele ai pinoli, dai carciofi al pesce), riducendo dunque il più possibile il consumo di quelli industriali. 

«Questi prodotti, nel complesso, forniscono poche fibre, vitamine e micronutrienti al nostro organismo, sono spesso troppo dolci e contengono additivi. Consumati in eccesso, sono dannosi per la salute generale, cioè umana e planetaria», ha spiegato Anthony Fardet. La maggior parte dei 210 studi epidemiologici effettuati sugli alimenti ultraprocessati ha infatti confermato un legame significativo tra il consumo eccessivo di questi prodotti e l’aumento del rischio di molte malattie croniche e di mortalità precoce. 

Senza dimenticare che «l’ultralavorazione è associata a sistemi alimentari insostenibili, che riducono la biodiversità e promuovono le monocolture e l’allevamento intensivo». Per non parlare della quantità colossale di rifiuti che ne conseguono. 
Per tutto questo, Anthony Fardet consiglia di limitare il più possibile il consumo di questi alimenti. Tra gli altri suggerimenti per la salute: preferire i cibi solidi a quelli liquidi «per favorire la masticazione e il senso di sazietà». 
Consumare un’arancia intera invece del succo spremuto, per esempio, fornisce un migliore apporto di fibre e vitamine, regolando al contempo la risposta glicemica.

Per il bene del pianeta, è inevitabile ridurre il consumo di carne. «Una dieta prevalentemente vegetale riduce drasticamente le emissioni di gas serra, il consumo di acqua e l’impatto ambientale complessivo», ha aggiunto Anthony Fardet. I benefici riguardano anche la nostra salute. 
È per esempio stato dimostrato che la dieta MIND, che abbina la tradizionale mediterranea con la DASH (contro l’ipertensione) ed è composta prevalentemente da alimenti vegetali (cereali integrali, frutta e verdura, legumi, noci e semi), è associata a una riduzione del rischio di malattie neurodegenerative e a un rallentamento del declino cognitivo. 
In particolare, si tratta di sostituire il più possibile la carne con alimenti proteici di origine vegetale come fagioli secchi, lenticchie, semi oleosi, noci...

Obiettivo varietà
L'ultima delle 3 V è essenziale per stimolare la biodiversità, la policoltura e sostenere i diversi ecosistemi. «La FAO riferisce che esistono solo 12 varietà di animali e piante che forniscono più del 50% delle calorie giornaliere per 8 miliardi di persone sulla Terra, mentre in realtà ci sono migliaia di tipologie vegetali e animali sul pianeta». 
Diversificare è importante anche per la salute, perché «più cibi differenti mangiamo, più forniamo una serie complessa di molecole che nutrono il microbiota intestinale, il che contribuisce a migliorare la nostra salute intestinale e generale. 

Gli specialisti consigliano di consumare almeno dai 35 ai 40 alimenti diversi a settimana. Nel gruppo dei cereali, possiamo consumare grano integrale, riso integrale e mais. Tra i legumi si può scegliere di alternare lenticchie, fagioli e ceci. 
Tra i frutti possiamo spaziare alle banane, alle mele, alle fragole. In questo modo soddisfiamo tutte le nostre esigenze nutrizionali grazie all'apporto di antiossidanti, fibre, minerali e vitamine.

«Mangiamo sempre le stesse cose per molte ragioni diverse. A volte si tratta semplicemente di gusti, comodità o abitudini», conferma Mindy Pelz - esperta in nutrizione e in medicina funzionale con oltre 24 milioni di visualizzazioni sul suo canale YouTube - che ha appena dedicato al tema un ulteriore approfondimento al femminile nel suo nuovo libro: Il digiuno per le donne (Sperling & Kupfer, 320 pagine, € 18,90). 
E che consiglia un metodo infallibile per cambiare abitudini: «Se variare la dieta vi sembra difficile, proviamo a trasformarlo in un gioco: si guadagna un punto per ogni alimento diverso che consumiamo. 
Prendete nota di tutto quello che mangiate durante una settimana e poi contate le variazioni. Ogni verdura, frutto, carne e spezia conta come una variazione. 
L’obiettivo è arrivare a duecento alimenti diversi in un mese, che dovrebbero rientrare in una di queste tre categorie: carboidrati complessi, proteine e grassi. 
I carboidrati semplici e innaturali (come i biscotti, per esempio) non contano. 
Le spezie invece sì. Qui potete davvero spaziare: più sperimentate nuovi sapori e più il punteggio sale».

fonte  VANITYFAIR 20 MAGGIO 2024
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