Morti premature, molte possono essere evitate
I risultati di uno studio epidemiologico rivelano quante persone muoiono di cancro prima della vecchiaia e quante potrebbero salvarsi con prevenzione e cure tempestive in Italia e nel mondo.
Secondo i dati raccolti da uno studio recente e pubblicati sulla rivista Lancet Global Health, si può fare moltissimo per ridurre i decessi prematuri causati dai tumori investendo nella prevenzione e nelle cure.
Con l’espressione “decesso prematuro” si intende la morte di una persona adulta ma non ancora anziana, ossia nella fascia di età dai 30 ai 69 anni.
Nel mondo nel 2020 è stato calcolato che ne siano morte per cancro oltre 5 milioni, ma più di 3 milioni e mezzo si sarebbero potute salvare.
I dati mondiali e italiani
Globalmente nel 2020 si stima che siano morte di cancro circa 9.960.000 persone, delle quali oltre metà (circa 5.280.000) avevano un’età compresa tra 30 e 69 anni.
Complessivamente sono stati persi quasi 183 milioni di anni di vita da parte di persone ancora giovani.
Gli autori dello studio hanno calcolato che con la prevenzione primaria e secondaria gli anni di vita persi prematuramente a causa dei tumori si sarebbero potuti ridurre del 68 per cento circa.
La prevenzione primaria consiste nell’adozione di abitudini e comportamenti che riducono le probabilità di ammalarsi (per esempio, non fumare), mentre la prevenzione secondaria consiste nell’attuare interventi di diagnosi precoce (come organizzare programmi di screening), per individuare la malattia quando non si è ancora manifestata ed è più facile da curare.
Il 32 per cento degli anni di vita persi prematuramente si sarebbe potuto evitare perché si trattava di tumori trattabili, ovvero malattie per cui è provato che cure scientificamente valide, adeguate e tempestive sono in grado di migliorare la prognosi e ridurre la mortalità.
In Italia, nel 2020, gli anni di vita persi a causa del cancro sono stati 3.354.000, il 48 per cento dei quali di persone nella fascia di età dai 30 ai 69 anni.
La mortalità prematura sarebbe stata evitabile per il 63 per cento circa con la prevenzione e per il 37 per cento con le cure più adatte.
Disuguaglianze da annullare
Analizzando i risultati dello studio si possono fare 2 considerazioni.
La prima è che le abitudini e i comportamenti contano molto; per esempio, il fatto che la mortalità prematura sia più alta tra gli uomini che tra le donne probabilmente dipende da una maggiore incidenza dei tumori del polmone nel sesso maschile, che in molti paesi corrisponde a un più elevato utilizzo del tabacco.
La seconda considerazione è che questi dati variano molto a seconda dei paesi: la percentuale di decessi evitabili è infatti più alta nelle nazioni povere che in quelle più ricche.
Se nei paesi a sviluppo medio e alto il “big killer” è il tumore del polmone, nelle nazioni più povere la maggior parte dei decessi prevenibili è causata dal tumore della cervice uterina, dovuto all’infezione da papillomavirus.
In quei paesi purtroppo la vaccinazione contro questo virus è meno diffusa e i programmi di screening (principalmente, il Pap-test) sono poco diffusi e meno efficaci. Le differenze emergono anche quando si considerano i tumori trattabili.
Basti pensare alla diversa diffusione dei macchinari per la radioterapia: nei Paesi ad alto reddito ogni milione di abitanti ce ne sono 7, mentre nei paesi a basso reddito solamente 0,06.
Gli autori invitano pertanto i governi a investire di più per annullare le disuguaglianze nella mortalità per cancro prematura.
Solo così si potrà raggiungere l’obiettivo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, ossia ridurre di circa un terzo la mortalità prematura dovuta alle malattie non trasmissibili.
Fonte AIRC 16 novembre 2023