L'angolo della lettura
20/10/2025 - Trump senza freni: insulti, provocazioni e deriva populista
“Joe Biden è un figlio di p...”. Non è la prima volta che Donald Trump si esprime con toni sopra le righe. Il Presidente degli Stati Uniti ha usato questa espressione durante un intervento al Cornerstone Institute. Un insulto che si aggiunge a una lunga serie di attacchi verbali che Trump rivolge da anni al suo predecessore, spesso con un linguaggio da strada, applaudito dal suo pubblico con risate e consensi.
Le invettive del Presidente proseguono nonostante Biden
sia affetto da tempo da un tumore alla prostata con metastasi ossee. Ma Trump,
insensibile alla gravità della situazione – o forse semplicemente
disinteressato – ha commentato pubblicamente la notizia con sarcasmo:
“Mi sorprende che il pubblico non sia stato informato prima. Lo stadio 9 dura da molto tempo”, ha dichiarato con ironia pungente. A rafforzare la sua immagine di uomo forte, Trump ha voluto sottolineare le sue condizioni fisiche: “Ho ottenuto il punteggio massimo nei miei esami fisici, comprese le prove cognitive”, ha detto, nel consueto tono autocelebrativo.
Fin dagli esordi politici, Trump si è contraddistinto per
uscite controverse. L’8 luglio 2015, durante un comizio, annunciò la
costruzione del muro al confine con il Messico, definendo gli immigrati
latinoamericani come “spacciatori, criminali e stupratori”. Frasi che
sollevarono immediate critiche a livello internazionale.
Sul tema delle donne, rimane tristemente celebre una sua dichiarazione registrata nel 2005 e diffusa nel pieno della campagna elettorale del 2016: “Quando sei famoso, puoi fare tutto quello che vuoi alle donne. Prenderle per la fa, tutto”.
Anche sul fronte ambientale, Trump ha più volte espresso posizioni negazioniste rispetto al cambiamento climatico. In un tweet scriveva: “A New York si gela. Ci farebbe comodo un po’ di quel riscaldamento globale”, ironizzando su un'ondata di freddo e ignorando anni di studi scientifici sui rischi legati alla crisi climatica. Trump ha definito il riscaldamento globale “una bufala inventata dai cinesi per danneggiare l’economia americana”.
Durante la pandemia da Covid-19, ha rilasciato dichiarazioni che hanno lasciato sgomenti medici e scienziati. Inizialmente affermò che “i virus di solito spariscono in aprile, con il caldo”. Poi, il 24 aprile 2020, la frase che fece il giro del mondo: “Non possiamo iniettare del disinfettante per uccidere il virus?”.
Il 19 maggio dello stesso anno, a fronte dell’elevato numero di contagi negli Stati Uniti, dichiarò: “È un onore. I nostri test sono migliori”, ribaltando la lettura dei dati in chiave propagandistica.
Poco prima dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, Trump arringava la folla dicendo: “Marceremo sulla Capitale, e io marcerò con voi. Non riprenderemo mai il Paese con la debolezza”, frase interpretata da molti come un chiaro incitamento all’insurrezione.
Anche sul conflitto israelo-palestinese, Trump ha scelto la provocazione come modo di comunicare. Durante una proposta mediatica per la ricostruzione di Gaza, presentò un video in cui appariva una statua dorata a sua immagine e somiglianza, davanti a un lussuoso resort.
Infine, quando circa 7 milioni di americani sono scesi in
piazza per protestare contro le sue politiche autoritarie, Trump ha fatto
diffondere un video in cui pilota un jet militare che scarica escrementi sulla
folla. Un’immagine grottesca, diventata emblema della sua retorica divisiva.
Se questo è il candidato che ambisce a essere nuovamente
presidente – e che alcuni ritengono degno addirittura di un Nobel per la pace –
la preoccupazione è legittima. Solo il popolo americano può decidere, e solo
l’America può correggere le proprie derive. Ma la domanda resta: quanto può
ancora tollerare la democrazia statunitense?