osservazioni medico oculistiche - Pressione Oculare…questa sconosciuta. Se la controlliamo possiamo evitare il glaucoma, il ladro silenzioso della vista

L'angolo della lettura

06/04/2024 - Pressione Oculare…questa sconosciuta. Se la controlliamo possiamo evitare il glaucoma, il ladro silenzioso della vista


   Il tono oculare è il fattore di rischio più importante nella malattia glaucomatosa. Nel glaucoma, seconda causa di cecità al mondo, livelli elevati di pressione intraoculare possono provocare danni al nervo ottico, con conseguente perdita del campo visivo. La triade dei segni che classicamente caratterizza il glaucoma e, se presente fa porre la diagnosi, è costituita da: pressione alta dell’occhio, perdita del campo visivo, alterazioni dalla papilla ottica all’esame del fondo oculare. La perdita del campo visivo avviene senza alcun sintomo soggettivo; il glaucoma viene definito “il ladro silenzioso della vista”. Il campo visivo è lo spazio visibile che si apre davanti a noi, l’apertura angolare dell’orizzonte che ad occhi immobili, diritti in posizione primaria riusciamo ad abbracciare. Se strofiniamo gli occhi, come spesso può succedere, ci accorgiamo che i bulbi oculari sotto le nostre dita hanno una certa consistenza.

  Questa consistenza che si misura nelle visite dall’oculista è il tono o pressione oculare. La modalità della sua misura ha interessato negli ultimi decenni molti ricercatori, e numerosi strumenti sono stati proposti dalle industrie per migliorarne l’attendibilità di questo dato così importante. Trascurando gli albori della tonometria, in tempi moderni, tutto inizia con gli studi di Hans Goldmann (Chomutov, 25 novembre 1899 – Berna, 19 novembre 1991), medico oftalmologo ceco con cittadinanza svizzera e l’introduzione, nel 1957, del suo tonometro ad applanazione (dal latino planum, superficie piana, liscia, piatta). Lo strumento, dotato di un piccolo pistoncino cilindrico di 3 mm di diametro, appoggiandosi delicatamente sulla superficie curva della cornea, struttura trasparente e flessibile, l’indenta appianandola per la superficie interessata dal contatto che si stabilisce.

 Così facendo si rivela la rigidità della cornea, la sua capacità di flettersi. Ritenuta per approssimazione simile ad una pellicola domopak, la cornea, sotto la forza del pistoncino si appiana, comprimendo il contenuto acquoso, l’umor acqueo, presente nella camera anteriore dell’occhio. Questa “camera”, è uno spazio a forma di calotta sferica, delimitato anteriormente dalla cornea, che è flessibile; posteriormente è delimitato dall’iride e dal cristallino, strutture, al contrario, rigide. L’umor acqueo, molto simile all’acqua con un turnover molto veloce, come tutti i liquidi è incompressibile. Il contenuto di acqueo presente all’interno della camera anteriore determina la consistenza del bulbo oculare, la sua “durezza”, che possiamo percepire “strofinandoci gli occhi”. Il tonometro di Goldmann, considerato ancora oggi lo strumento Gold Standard nella misurazione del tono oculare, è il più diffuso ed attendibile tonometro nella pratica oftalmologica mondiale.

Come la pressione del sangue…ma non proprio

   Mentre la pressione del sangue è facilmente ottenibile, senza troppi falsi risultati, la tonometria, che misura la pressione oculare, per la sua complessità, può fornire risposte “sballate”, specie se l’oftalmologo non è attento e puntiglioso nel rilevarlo. Il dato che è emerso negli ultimi tempi è che il tono oculare può essere inficiato da molti fattori, tra tutti, dallo spessore corneale. Infatti, il tono dell’occhio si misura sulla cornea, prima lente dell’occhio. La luce e le forme delle cose attraversano la cornea, la pupilla, il cristallino, seconda lente dell’occhio, e arrivano sulla retina. Dalla retina il nervo ottico raccoglie e trasporta queste informazioni al cervello, che le elaborate in immagini reali.

 La cornea è una lente trasparente, flessibile, con uno spessore. Chi utilizza le lenti a contatto le poggia proprio sulla cornea, facendo a meno delle lenti tradizionali. Molti lavori scientifici sulla tonometria apparsi negli anni Sessanta e, soprattutto gli studi di Ehlers del 1975, evidenziarono la possibilità di risposte errate del tonometro ad applanazione, inventato da Godmann. La tonometria ad applanazione è detta così perché “applana” la cornea come abbiamo visto; dalla forza necessaria ad appianarla si ricava, indirettamente, il tono oculare in millimetri di mercurio. Se gli spessori corneali misurati dalla pachimetria (dal greco paki = spesso e metria = misura) sono troppo spessi o sottili, i risultati della tonometria possono essere non veritieri. Questi limiti furono evidenziati già dallo stesso Goldmann; lo scienziato, infatti, limitava la validità del suo strumento per pachimetrie (spessori) intorno a 520 micron. Se la cornea è sana, non sottoposta a procedimenti chirurgici, valori differenti del suo spessore non sono indice di patologia.

Compromessi della scienza: Goldmann nel 1957 considerò lo spessore della cornea trascurabile

   Goldmann si è basato sulle leggi di Imbert-Fick. Armand Imbert 1850-1922 e Adolf Gaston Eugen Fick, 1852 – 1937, indipendentemente, arrivarono a scoprire la formula che spiegava la flessibilità delle membrane. Fick, oculista e docente tedesco, fu l’inventore delle lenti a contatto. La loro scoperta è stata alla base dello sviluppo della tonometria. Goldmann arrivò alla conclusione che: “con un diametro di applicazione di 3.06 mm e brevi misurazioni, le forze prodotte dalle deformazioni della cornea, come per una membrana di spessore e rigidità trascurabile, quelle prodotte dalle adesioni capillari del liquido stimolante sulla superficie oculare si neutralizzeranno l’un l’altra. La rigidità oculare diventa trascurabile”. Quindi, aveva capito che lo spessore era importante; per arrivare ad una possibile determinazione del tono oculare doveva fare dei compromessi, come sempre succede nella scienza: trascurare il dato dello spessore corneale. Le strutture biologiche elastiche, in generale, possono rispondere ad un doppio regime fisico di rigidità: membranale o flessionale. Le strutture membranali hanno la caratteristica di non avere uno spessore rilevabile; non offrendo quindi alcuna resistenza alle sollecitazioni esterne sono solo teoriche, come per esempio avviene per le pellicole domopak. La cornea, con il suo spessore non trascurabile, influenza in qualche maniera la tonometria. Lo spessore medio della cornea ai tempi di Goldmann era considerato di 520/530 micron; attualmente si ritiene di 535/545 micron.

 Questo parametro, preso oggi in considerazione dai moderni tonometri a soffio, non validati pienamente dalla scienza, se integrato al tono oculare, permette maggiore affidabilità del risultato ottenuto; ci può indicare, in altre parole, la sua attendibilità. Cornee spesse possono dare falsi ipertoni; cornee sottili falsi ipotoni. Avendo la cornea uno spessore non trascurabile, risponde alla legge delle strutture a rigidità flessionale, che hanno un’elasticità. In pratica la cornea non risponde alla legge della rigidità membranale, non essendo una pellicola domopak. Tali strutture biologiche flessibili ma con uno spessore in fisica rispondono alle sollecitazioni esterne offrendo una certa resistenza che è inversamente proporzionale al cubo del loro spessore. Questo rapporto, grandemente moltiplicativo, il cubo dello spessore, valorizza ed esalta l’importanza della pachimetrica (misura in micron dello spessore corneale). Bisognarà attendere il 2002 e l’uscita dei risultati dell’OHTS per avere una più decisiva ripresa dell’interesse scientifico sul tono e sui tonometri.

Valori normali, ma non sempre

   Il tono si misura per convenzione in millimetri di mercurio. Normalmente si ritiene corretto e normale un tono fino a 18mmHg; tra 18mmHg e 21mmHg i toni sono ritenuti borderline; sopra i 21mmHg patologici. L’Ocular Hypertension Treatment Study OHTS, che ha interessato 1636 pazienti ipertesi oculari seguiti per 5 anni negli Stati Uniti, ha studiato i vari fattori di rischio in pazienti con tono iniziale tra 22mmHg e 32mmHg. Una metà dei pazienti è stata trattata farmacologicamente, l’altra metà solo osservata. Dopo 5 anni 86% dell’intero campione rimaneva sano, il restante 14% presentava segni di glaucoma. In quest’ultimo gruppo, un 4.5% apparteneva ai pazienti trattati con ipotensivi oculari, l’altro 9.5% apparteneva a quelli non trattati.

Tono elevato: subito il trattamento...ma il tono è vero?

  In questo importante studio si evince chiaramente che iniziare una terapia quando il tono oculare è alto è più che giustificato. Il raddoppio numerico dei pazienti con danni glaucomatosi tra i non trattati rispetto ai trattati, 9.5% contro il 4.5. % parla chiaro. Tra i vari fattori di rischio che causano il viraggio verso la malattia glaucomatosa è emerso lo spessore corneale, non considerato fino ad allora come determinante. Gli altri fattori di rischio rilevati da questo studio sono stati: l’età, gli indici presenti al Campo Visivo Humphrey, l’aspetto della papilla ottica osservabile al fondo oculare e il tono oculare, già conosciuti da tempo, evidenziati anche in altre ricerche e studi.

Il fattore che “scompiglia” il tono oculare: lo spessore corneale

   Lo spessore corneale non era mai stato considerato come fattore di rischio prima di questo studio multicentrico e, in ogni caso, dimenticato nella pratica clinica come possibile causa di confondimento nella tonometria. In particolare l’OHTS ha rilevato che per ogni 40 micron d’assottigliamento corneale esiste il 71% in più di possibilità nell’avere danni al nervo ottico, a parità di valori tonometrici e per gli stessi periodi d’osservazione. La problematica del tono oculare e spessore corneale ha suscitato molto interesse, e ha portato personalmente a depositare nel 2002 alla Camera di Commercio di Cosenza un progetto per uno "Strumento per la valutazione del tono oculare carretto con valore pachimetrico ed eventualmente cheratometrico". Dopo la convalida del brevetto nazionale, nel 2006, è stata avviata con successo la procedura per ottenere la sua estensione internazionale, avvenuta con l'iscrizione nell'albo europeo brevetti certificati nel 2009.

 La mia parte sull’argomento quindi l’ho fatta. È personale esperienza clinica, con l’esclusione della miopia elevata, del raro riscontro di glaucomi ad angolo aperto, la maggioranza in occidente, progressivi e terminali in presenza di spessori corneali elevati, specie sopra i 600 micron. La coincidenza di spessori corneali bassi e glaucomi gravi e, viceversa, di spessori alti con scarse conseguenze dannose, anche in presenza di ipertoni duraturi, ha fatto pensare a più ricercatori che lo spessore elevato fosse un fattore di protezione, di prevenzione del danno da ipertono oculare. Infatti, gli assoni delle cellule gangliari retiniche, i “fili elettrici” che portano informazioni dalla retina a cervello, dopo aver formato la papilla ottica visibile al fondo oculare, continuano nel cranio con il nervo ottico. Dalla papilla ottica gli assoni retinici, prima di raggiunge il chiasma ottico nell’encefalo, passano attraverso una lamina bucherellata di tessuto connettivo: la lamina cribrosa. Questa struttura è annessa alla sclera del bulbo oculare. 

  La lamina cribrosa, come la cornea, è costituita da connettivo; la loro provenienza embriologica è perciò identica. Ci sono più evidenze che la lamina cribrosa sia il “locus” dove si possa verificare maggiormente il danno assonale dipendente dalla pressione oculare elevata. Le correlazioni evidenziate ed esistenti tra un maggiore spessore corneale e l’aumentata resistenza della lamina cribrosa, e tra la minore deformazione di questa struttura alla pressione oculare e una miglior tutela per gli assoni retinici, hanno fatto ritenere i soggetti con spessore corneale elevato maggiormente protetti dall’insulto pressorio. Altri studi saranno naturalmente necessari per avvalorare e sviluppare tale suggestiva tesi.

Pressione alta? Allarme per gli assoni gangliari della retina

  I risultati dell’OHTS hanno riproposto il problema dello spessore corneale come causa d’errore strumentale. L’attendibilità del dato tonometrico rilevato è quindi riemerso, innescando rinnovati interessi scientifici per le sue modalità d’acquisizione. Dopo tale importante studio, infatti, numerose sono state le proposte industriali per ovviare alle variazioni che lo spessore corneale può apportare al valore della tonometria ad applanazione. In una personale ricerca sul rapporto tono e spessore, si evince una relazione di dipendenza tra questi due parametri. Senza scendere in troppi particolari, la correlazione tra questi due parametri, tono oculare e spessore corneale, con il metodo statistico dei minimi quadrati indica che il valore pachimetrico individuale può determinare una variazione del tono rilevato di circa il 27%. Si dovrebbe correggere il valore tonometrico di ciascun paziente aggiungendo o sottraendo un valore di 0.56 mmHg ogni 10 micron di scostamento della sua pachimetria dal valore di 554 micron; tale valore è lo spessore corneale medio riscontrato tra tutti i pazienti presi in esame; per Ehlers e Goldmann era pari a 520/530 micron.

I grandi Trial migliorano le nostre conoscenze

   L’Ocular Hypertension Treatment Study è stato un grande ed importante Trial clinico. Si proponeva di verificare come lo spessore corneale potesse influenzare le variazioni tonometriche rilevate. Il valore di correzione trovato negli studi personali esposti di 0.56 mmHg ogni 10 micron è stato confermato da molti altri autorevoli ricercatori. Valori di aggiustamento simili sono stati proposti da più parti, con numerose tavole di conversione, prima tra tutte l’abaco di Ehlers del 1975, che rapportava il tono allo spessore con una dipendenza di 0.70 mmHg ogni 10 micron rispetto ai 520 micron di spessore corneale, riferimento medio ritrovato nel suo studio e ritenuto valido da Goldmann.

Gira, gira, il problema è sempre la corretta tonometria

   Per dare un valore più o meno certo del tono che stiamo misurando bisogna tenere conto perciò come lo si rileva. L’Early Manifest Glaucoma Trial EMGT è stato un altro grande studio clinico randomizzato teso a valutare il ruolo dell'efficacia di una riduzione della pressione nel glaucoma ad angolo aperto, il più diffuso e comune tipo di glaucoma in occidente, nella forma precoce precedentemente non trattato. Tale Trial, che ha interessato 255 pazienti randomizzati dal 1993 al 1997 seguiti per 4 anni, ha messo in luce che una riduzione del 25% della IOP, Intra Ocular Pressure (acronimo con cui si indica in ambito scientifico la pressione oculare), nei pazienti glaucomatosi ad angolo aperto fa diminuire del 50% il rischio di progressione della malattia. Anche la diminuzione di solo 1 mmHg può rallentare l’evoluzione del glaucoma del 10%! Il tono oculare resta il solo parametro che sappiamo efficacemente correggere a protezione delle fibre ottiche. Arrivare a determinarlo in modo sempre più efficace, veritiero, e prima possibile, è un obiettivo più che importante, così come affrontare, con maggior determinazione ogni sua variazione patologica, spesso dannosa per la funzione visiva in modo irreversibile.

firma


torna su