osservazioni medico oculistiche - La più grande influenza della storia: la Spagnola

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06/04/2024 - La più grande influenza della storia: la Spagnola


   Altrimenti conosciuta come la grande influenza, l’epidemia spagnola fu la più grave pandemia influenzale della storia. Tra il 1918 e il 1920 colpì un terzo della popolazione mondiale e uccise, su una popolazione stimata di 2 miliardi, oltre 50/100 milioni di persone, 675.000 solo negli Stati Uniti, con letalità maggiore al 2,5%. Più devastante della peste del Trecento, la spagnola ebbe come sfondo storico la Grande Guerra, First World War, che fece 15/17 milioni di vittime. Un volano non secondario alla diffusione del contagio furono sicuramente le precarie condizioni igieniche vissute da milioni di soldati nelle trincee. Erroneamente è stata denominata spagnola. I primi a parlarne furono giornali ispanici non sottoposti alla censura di guerra; la Spagna non era, infatti, coinvolta nel conflitto mondiale. La rapida diffusione della malattia nei paesi belligeranti fu per molto tempo nascosta alla popolazione dai mezzi d'informazione. I giornali riferivano solo di un’epidemia circoscritta nella penisola iberica.

Colpa del Re di Spagna o del ranciere Albert Gitchell?

Il fatto che fu colpito il Re di Spagna Alfonso XIII, forse avvalorò nell’opinione pubblica questa fake news. Autorevoli ricerche hanno individuato come iniziale causa del contagio lo sbarco nel 1917 dei soldati americani in Europa per partecipare alla Grande Guerra. BoLive, il magazine dell'Università di Padova, riporta, nella sezione Scienza e Ricerca, l’articolo di Monica Panetto “1918-2018: cento anni dalla Spagnola”, che offre un’originale descrizione della pandemia negli USA: “La mattina del 4 marzo 1918 il ranciere Albert Gitchell si presentò nell’infermeria di Camp Funston, in Kansas, con mal di gola, febbre e mal di testa. All’ora di pranzo l’infermeria si trovò a gestire più di cento casi simili, e nelle settimane successive il numero di malati crebbe a tal punto che il capo ufficiale medico del campo dovette requisire un hangar per sistemarli tutti”.

I giornalisti raccontano...meglio degli storici

Monica Panetto, ancora su BoLive, scrive: “Non è assolutamente certo che Gitchell sia stato effettivamente il primo uomo ad ammalarsi”. C’è chi ritiene che l’infezione abbia avuto origine in America, altri in Francia, altri ancora in Cina. Quello di Gitchell fu piuttosto uno dei primi casi ad essere documentati a cui ne seguirono moltissimi altri, spiega Laura Spinney in “1918. L’influenza spagnola”, volume uscito quest’anno in Italia per Marsilio Editori”.

Laura Spinney, giornalista scientifica per le testate National Geographic, The Economist, Nature, Daily Telegraph, inquadra nel suo libro la pandemia del 1918 in modo completo e, per molti versi, del tutto inedito. Peter C. Wever e Leo van Bergen, autori dell’articolo Review “Death from 1918 pandemic influenza during the First World War: A perspective from personal and anecdotal evidence”, riguardo l’elevata mortalità della spagnola riferiscono che la battaglia Mose- Argonne nel Nord della Francia con 26.277 morti, "la battaglia più mortale d'America”, il più grande impegno bellico mai avuto dall'esercito americano in prima linea, fu meno letale della spagnola. I soldati americani impegnati in Europa nel conflitto morti per spagnola furono 45.000!

Sempre per colpa di un virus

La pandemia da virus influenzale H1N1 ebbe un tasso mortalità insolitamente alto in particolare tra i giovani adulti. H1N1 probabilmente è il virus antenato dei ceppi umani e suini A/H1N1, A/H3N2, e del virus A/H2N2, ora estinto. Questi dati evidenziano che H1N1 era sconosciuto e del tutto nuovo, al primo contatto con l’uomo, non derivato da processi genetici di riassortimento da altri ceppi, come avvenne per i virus delle influenze del 1957 e 1968.

Questo dato giustifica l’alto contagio e l’elevata mortalità dell’epidemia, con singolare analogia alla pandemia SARS-CoV-2 che stiamo vivendo. Nello stesso lavoro si evidenzia che la mortalità per la pandemia del 1918 ebbe un andamento a “W”. Senza altri precedenti riscontri in simili fenomeni epidemici, la curva a W evidenzia le tre età più colpite: i neonati, i giovani adulti tra 20 e 40 anni, e gli anziani. Tenendo conto della diversa aspettativa di vita nei primi del Novecento, sotto i 17 anni si era meno esposti all'influenza, dopo i 43 anni aumentavano le infezioni batteriche respiratorie; l’intervallo tra i 18 e i 43 anni risultava il più colpito dall’influenza.

Più morti che nelle guerre mondiali

EpiCentro, portale epidemiologico a cura dell'Istituto Superiore di Sanità ISS, riferisce che nel Ventesimo Secolo si sono verificate tre grandi pandemie influenzali: nel 1918, 1957, e nel 1968. Denominate Spagnola, Asiatica e Hong Kong in base all’area geografica di presunta origine, sono state causate da tre sottotipi antigenici differenti del virus influenzale A, rispettivamente H1N1, H2N2, e H3N2. Nel 1947, 1977 e 1976 altre importanti epidemie influenzali, non classificate come pandemie dall’OMS, hanno colpito l’umanità. Sempre l’ISS riferisce che già negli anni Trenta sono stati isolati, con studi siero-epidemiologici da maiali e uomini, virus influenzali in relazione a quello del 1918. Altri virus imparentati a quello del 1918 non vennero più segnalati fino al 1977. In quell’anno un sottotipo H1N1 riemerse negli Stati Uniti, causando un’epidemia di lieve entità rispetto al 1918. Il 1957 è l’anno dell’influenza Asiatica causata dal virus A H2N2, isolato per la prima volta in Cina.

Per merito di Carlo Urbani

Nonostante venne messo a punto in tempi record un vaccino, e la pandemia dichiarata conclusa nel 1960, morirono circa due milioni di persone. Sempre dall’Asia, nel 1968 arrivò l’influenza aviaria detta Hong Kong, simile all’Asiatica. Anche questa epidemia fu molto letale: in due anni uccise, secondo varie stime, tra 750 mila e 2 milioni di persone, 34.000 solo negli Stati Uniti. Nel 1995, a partire da materiale autoptico conservato, furono isolati e sequenziati frammenti di RNA del virus del 1918 e altri quattro virus. La SARS Severe Acute Respiratory Syndrome, o sindrome respiratoria acuta grave o severa del 2002, è stata una forma atipica di polmonite causata dal virus SARS-CoV, comparsa inizialmente nella provincia cinese di Guangdong con capitale Canton, un’area con 100 milioni di abitanti. Carlo Urbani nato a Castelplanio in provincia di Ancona nel 1956, morto a Bangkok nel 2003, medico e microbiologo italiano, insignito della Medaglia d’Oro per i benemeriti della salute pubblica alla memoria, identificò per primo il virus e classificò la SARS o polmonite atipica. Diffondendosi in altri paesi, provocò 8096 infezioni, 774 decessi soprattutto in Cina, Hong Kong, Taiwan, Sud-est asiatico, con una mortalità del 9,6%. Dal 2004 fino al 2019 non si sono segnalati altri casi di SARS.

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