Malattie professionali - evoluzione storica e normative vigenti

Malattie professionali

di D. De Paoli, G. Campo, A. Papale, M.G. Magliocchi
Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Dipartimento Processi Organizzativi, Roma

Sintesi

L'articolo descrive l'evoluzione storica della tutela delle malattie professionali in Italia con riguardo agli interventi legislativi che si sono succeduti in materia a partire dal '900 ad oggi.
Nel corso degli anni il numero delle malattie riconosciute, delle attività lavorative protette e delle persone tutelate è stato progressivamente ampliato. Nell'ultimo decennio sono stati inoltre adottati strumenti di rilevazione e raccolta delle informazioni sulle malattie professionali volti a misurare e migliorare la conoscenza delle stesse al fine di perseguire una sempre più efficace politica di prevenzione e di tutela della salute nei luoghi di lavoro. torna al menù

Introduzione

I primi studi della storia della medicina sulle malattie correlate al lavoro furono condotti dal medico Bernardino Ramazzini (Carpi, 3 novembre1633- Padova, 5 novembre 1714), professore di medicina pratica all'Università di Padova, il quale scrisse e pubblicò per la prima volta nel 1700 un trattato, il De Morbis Artificum Diatriba, considerato l'atto fondante di quella che oggi è chiamata Medicina del Lavoro.
Ramazzini prese in esame circa 50 occupazioni, analizzando le condizioni di lavoro dei lavoratori e le malattie professionali da esse derivanti, e descrivendone i possibili rimedi, nonché le condizioni climatiche in cui questi lavori erano o potevano essere svolti.
La consapevolezza che le malattie professionali costituivano un fenomeno sociale che doveva essere affrontato in termini legislativi emerse però solo nei secoli successivi.

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Le origini: dalla tutela della salute alla tutela assicurativa

Il problema della tutela dei lavoratori dagli infortuni e dalle malattie professionali cominciò a porsi all'attenzione dei politici italiani solo nella seconda metà dell'800 con l'intensificarsi del processo di industrializzazione del nostro Paese.
Il passaggio di crescenti masse di lavoratori dall'agricoltura all'industria, soprattutto nei settori della metalmeccanica, della chimica e del tessile, dove le condizioni di lavoro risultavano carenti sia dal punto di vista igienico che di sicurezza, portò infatti un aggravamento dei fenomeni infortunistici e l'insorgere di patologie legate alle lavorazioni nelle quali gli operai venivano impiegati.
La sempre più forte domanda di tutela da parte dei lavoratori, anche attraverso le nascenti organizzazioni sindacali, spinse quindi il legislatore ad avviare l'adozione di provvedimenti per la tutela della sicurezza sul lavoro.

Anche se l'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali venne introdotta nel nostro Paese solo nel secolo successivo, già con il R.D. 29 dicembre 1869 venne istituita una "Commissione Consultiva del Lavoro e della previdenza sociale" per definire i contenuti di quella che sarebbe stata la prima legge in materia di assicurazione degli infortuni sul lavoro: la Legge 17 marzo 1898, n. 80 [1, 2].
La Legge 80/1898 1 sancì l'obbligo assicurativo per gli infortuni degli operai sul lavoro nelle industrie - anche se solo per alcune lavorazioni e con libera scelta da parte del datore di lavoro della compagnia o cassa assicurativa - e ad essa seguirono poi agli inizi del '900 ulteriori provvedimenti legislativi volti ad estendere la tutela sociale al lavoro agricolo2, nonché al lavoro femminile e a quello dei minori3.
Dopo la Grande Guerra, la legislazione relativa alla protezione sociale venne poi ulteriormente sviluppata e venne introdotta per la prima volta l'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali.
Con il R.D. 13 maggio 1929 n. 928, entrato in vigore il 1° gennaio 1934, venne infatti estesa la tutela dei lavoratori assicurati contro gli infortuni sul lavoro anche alle malattie professionali nell'industria.
In particolare, vennero individuate sei malattie per le quali, in virtù della correlazione delle stesse a determinate lavorazioni, valeva la presunzione legale di origine professionale; era cioè sufficiente l'esistenza della malattia e l'insorgenza della stessa in un lavoratore addetto a determinate lavorazioni perché al lavoratore venisse riconosciuta la tutela, senza necessità alcuna per il medesimo di fornire la prova della diretta dipendenza della malattia dalla attività professionale svolta4. A breve distanza dall'entrata in vigore del R.D. 928/29, venne adottato il R.D. 17 agosto 1935 n. 1765, "Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali", che attuò l'unificazione delle disposizioni relative all'assicurazione contro gli infortuni e contro le malattie professionali. Anche questa legge prevedeva la tutela per le originarie sei malattie, ma in più aggiungeva nella relativa tabella anche l'indicazione delle manifestazioni morbose di esse coperte dalla tutela assicurativa5. Il R.D. 1765/35 prevedeva altresì l'obbligo di denuncia per ogni medico delle malattie indicate in un apposito elenco da approvarsi con decreto ministeriale (art. 68).

Con la Legge 12 aprile 1943 n. 455 venne introdotta l'assicurazione obbligatoria contro la silicosi e l'asbestosi6. Successivamente, la Legge 15 novembre 1952 n. 1967 [4] aumentò il numero delle lavorazioni morbigene nell'industria portandole da 6 a 40, estese il termine entro il quale la malattia doveva manifestarsi o insorgere dopo l'abbandono della lavorazione (c.d. periodo massimo di indennizzabilità) ed eliminò l'elencazione tassativa delle manifestazioni morbose coperte dalla tutela assicurativa prevista dal R.D. 17 agosto 1935 n. 1765.



1. La legge in questione era basata sul principio del “rischio professionale”, per il quale, tenuto conto del carattere ineluttabile dell’infortunio sul lavoro, si poneva il risarcimento del danno derivante da quest’ultimo a carico dell’imprenditore, ossia di colui che, in definitiva, traeva vantaggio dall’esercizio dell’industria. Si trattava di una vera e propria assicurazione, ancorché obbligatoria, per la responsabilità civile del datore di lavoro, in virtù della quale il lavoratore infortunato non doveva più provare, per avere diritto alle prestazioni, che l’infortunio fosse derivato da colpa del datore di lavoro. In seguito, con il R.D.L. 5 dicembre 1926 n. 2051, venne vietato alle compagnie private di stipulare polizze assicurative contro gli infortuni sul lavoro.
2 I.l Testo Unico 31 gennaio 1904 n. 51 (con il relativo regolamento di attuazione approvato con R.D. 13 marzo 1904 n. 141) raggruppò e riordinò la normativa in materia di infortuni sul lavoro ed estese la tutela ad alcune lavorazioni agricole. Sempre in relazione al lavoro agricolo intervenne poi il D.L. Luogotenenziale 23 agosto 1917 n. 1450.
3. Legge 19 giugno 1902 n. 242, successivamente integrata dalla Legge 818/07. Nel 1908 venne anche introdotta una regolamentazione del lavoro notturno.
4. Si trattava delle intossicazioni da piombo, mercurio, fosforo, benzolo e da derivati amminici degli idrocarburi benzenici e di una malattia di origine parassitaria, l’anchilostomiasi. Non veniva però prevista l’intossicazione da solfuro di carbonio (carbonchio) – riconosciuta di origine professionale nella Convenzione OIL n. 18 del 1925 – che verrà invece prevista come “infortunio sul lavoro” dal successivo R.D. 17 agosto 1935 n. 1765.
5. Nel frattempo, il R.D. 23 marzo 1933 n. 264 aveva affidato la tutela assicurativa degli infortuni sul lavoro in esclusiva ad un Ente pubblico: l’odierno INAIL.
6. Il regolamento attuativo della Legge 12 aprile 1943 n. 455 (successivamente modificata dal D.Lgs. 20 marzo 1956 n. 648) è stato approvato solo molti anni dopo con D.P.R. 21 luglio 1960 n. 1169 (Gazzetta Ufficiale 26 ottobre 1960, n. 263).

Con la Legge 20 febbraio 1958 n. 93 [5] venne introdotta l’assicurazione obbligatoria dei medici contro le malattie e le lesioni causate dall’azione dei raggi X e delle sostanze radioattive, che venne poi estesa anche ai tecnici di radiologia dalla Legge 4 agosto 1965 n. 1103 [6]7 e con la Legge 21 marzo 1958 n. 313 [7] venne introdotta la tutela delle malattie professionali in agricoltura, anche se per sole 7 tecnopatie8.
Sin dall’origine, la tutela delle malattie professionali nel nostro Paese venne quindi incentrata sul sistema di una lista di malattie la cui origine professionale era riconosciuta per legge ove si fossero verificate in un lavoratore addetto a determinate lavorazioni, durante il rapporto di lavoro o comunque entro un dato termine dalla cessazione del medesimo; un sistema basato su una c.d. “lista chiusa”.

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Il testo unico sull'assicurazione obbligatoria contro i rischi professionali

L’unicità del sistema assicurativo degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, così come la tassatività dell’elenco delle malattie professionali tutelate, è stata poi mantenuta anche a seguito dell’adozione del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 [8], che ha approvato il Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; Testo Unico più volte integrato e modificato da normative successive e da interventi giurisprudenziali, ma tutt’ora vigente.
Il Testo Unico, che costituisce a tutt’oggi una delle principali fonti legislative in materia di tutela contro i rischi del lavoro, prevede che sia riconosciuta per legge la tutela assicurativa alle tecnopatie elencate in apposite liste o tabelle contenute negli Allegati n. 4 e n. 5 del medesimo (artt. 3 e 211), a condizione che le stesse si manifestino nell’esercizio e a causa delle lavorazioni espressamente indicate, che per le lavorazioni considerate già sussista l’obbligo assicurativo contro gli infortuni e che la malattia si manifesti entro il termine massimo dalla cessazione dell’esposizione previsto sempre in tali liste9.
Quanto all’obbligo di denuncia per i medici delle malattie, il Testo Unico lo ha ribadito, rinviando ad un apposito elenco da approvarsi con Decreto del Ministro del Lavoro (art. 139)10.
Questo sistema, definito “sistema tabellare”, con elencazione delle malattie professionali tipiche e delle relative lavorazioni morbigene, comporta il vantaggio per il lavoratore della presunzione legale (iuris et de iure) riguardo l’origine professionale della malattia contratta, spettando eventualmente all’Istituto assicuratore (INAIL) l’onere della prova contraria.
Una grande innovazione in materia di tutela delle malattie professionali è stata però determinata dall’intervento nel 1988 della Corte Costituzionale.
Con la sentenza n. 179 del 10 febbraio 1988 [9], la Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale del sistema di tutela laddove non viene previsto che l’assicurazione (e quindi l’indennizzo) è obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle, sempreché si tratti di malattie per le quali sia provata la causa di lavoro.

7. Il regolamento di attuazione della Legge 93/58 è stato approvato con D.P.R. 4 agosto 1960 n. 1055 e la stessa è stata successivamente modificata dalle Leggi 47/68, 68/75 e 251/82. Oltre ai medici ed ai tecnici esposti all’azione di raggi x e sostanze radioattive, sono tutelati gli odontoiatri che fanno uso di apparecchi radiografici.
8. Si trattava dell’anchilostomiasi e delle malattie causate dall’arsenico, dal mercurio, dal solfuro di carbonio, dal fosforo, da derivati clorurati degli idrocarburi e da fenoli e creosoli.
9. È attribuita all’INAIL la competenza in materia di accertamenti, di certificazioni e di ogni altra prestazione medico-legale sui lavoratori infortunati e tecnopatici.
10. La prima tabella di patologie per le quali è obbligatoria la denuncia è stata adottata con D.M. 18 aprile 1973 n. 17. Successivamente la tabella è stata aggiornata con il D.M. 27 aprile 2004, con il D.M. 14 gennaio 2008 e da ultimo con il D.M. 11 dicembre 2009 di cui si dirà più avanti nel testo.

Con tale pronuncia della Corte, si è passati quindi da un “sistema chiuso” ad un “sistema misto”, che consente l’ammissione alla tutela assicurativa di ogni malattia di cui venga dimostrata dal lavoratore l’origine lavorativa: per le malattie non tabellate, l’onere della prova sarà a carico del lavoratore, il quale dovrà dimostrare che la patologia dalla quale è affetto è dipendente dalle lavorazioni alle quali è o è stato addetto, mentre per le malattie tabellate la tutela è automatica 11.
Nel corso degli anni il numero delle malattie riconosciute per legge e delle attività lavorative protette e delle persone tutelate è stato progressivamente ampliato.
Come già detto, con la Legge 15 novembre 1952 n. 1967, il numero delle tecnopatie era stato portato da 6 a 40 nel settore industriale e con la Legge 1958 n. 313 erano state riconosciute 7 tecnopatie nel settore agricolo; malattie confermate dal T.U. del 1965.
In seguito, il D.P.R. 9 giugno 1975 n. 482 [10] ha elevato il numero delle tecnopatie a 49 nel settore industriale e a 21 in quello agricolo (mantenendo immodificata la struttura delle tabelle di cui alle Leggi n. 1967 del 1952 e n. 313 del 1958 e confermando implicitamente i principi caratteristici del sistema, tra i quali in particolare la tassatività della lista).
Con il D.P.R. 13 aprile 1994 n. 336 [11] il numero delle tecnopatie è salito a 58 nel settore industriale e a 27 nel settore agricolo ed è stata adottata una nuova articolazione delle voci delle tabelle, suddivise in sottovoci il più possibile specifiche, per permettere una più precisa rilevazione statistica delle malattie e dei loro agenti causali, e per potenziare quindi il valore delle tabelle stesse a fini della prevenzione [12].


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Stato attuale e prospettive

Di grande rilevanza è stata l’adozione del D.Lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 [13]. L’art. 10, comma 1, di tale Decreto ha previsto l’istituzione di una Commissione scientifica, composta da non più di 15 componenti in rappresentanza di vari Ministeri ed Enti, per la revisione periodica delle tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura, previste rispettivamente dagli artt. 3 e 211 del già citato Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali approvato con D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (Allegati n. 4 e n. 5), e dell’elenco delle malattie professionali per le quali i medici hanno l’obbligo di denuncia, ai sensi dell’art. 139 del medesimo testo unico 12.
Dopo aver chiaramente enunciato che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui agli artt. 3 e 211 del testo unico delle quali il lavoratore dimostri l’origine professionale, e allo scopo di far emergere l’origine professionale di malattie non comprese nelle tabelle in questione, l’art. 10, comma 4, del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, ha disposto che l’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia di cui all’art. 139 del testo unico debba contenere anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali.

11. Come detto, una malattia può considerarsi “tabellata” quando è presente nell’elenco, è stata causata dalle lavorazioni specificatamente indicate e si è manifestata entro il previsto periodo massimo di indennizzabilità. Pertanto, l’onere della prova circa l’origine professionale della malattia cadrà sul lavoratore anche nel caso di malattia presente in tabella, ma denunciata oltre il periodo massimo di indennizzabilità e la cui insorgenza entro i termini tabellari non risulti documentata. Sempre la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 206 del 25 febbraio 1988, ha poi dichiarato illegittimo il comma 2 dell’art. 135 del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 e ha stabilito che la manifestazione della malattia professionale coincide con la sua effettiva verificazione e che la denuncia da parte del lavoratore della malattia professionale ha rilievo esclusivamente ai fini della decorrenza delle prestazioni non potendo l’eventuale denuncia tardiva, di per se stessa, privare il lavoratore dell’indenizzo. Per quanto riguarda il principio di presunzione legale, la Corte di Cassazione, con la sentenza 3 aprile 1990 n. 2684 ha poi esteso la presunzione legale anche alle tecnopatie che, pur non menzionate in Tabella, possono al pari di quelle tabellate ritenersi tipiche in base ai dati offerti dalla scienza medica, qualora presentino un quadro che le caratterizzi come prodotte da un determinato agente patogeno tabellato.
12. L’art. 10, comma 3, del D.Lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 ha delegato l’emanazione delle tabelle al Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, di concerto con il Ministro della Sanità e previa audizione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

Le tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura, di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico, sono state oggetto di revisione da ultimo ad opera del D.M. 9 aprile 2008 [14] che ha stabilito il numero delle tecnopatie in 85 nel settore industriale e in 24 in quello agricolo [16]13.
L’elenco ex art. 139 T.U. è stato invece da ultimo aggiornato con il D.M. 11 dicembre 2009 [15] e risulta appunto composto da tre liste di malattie:
  • Lista I - malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità. Tale lista contiene quelle malattie che costituiranno la base per la revisione delle tabelle ex artt. 3 e 211 del T.U.;
  • Lista II - malattie la cui origine professionale è di limitata probabilità. Si tratta di malattie per le quali non sussistono ancora conoscenze sufficientemente approfondite perché siano incluse nella Lista I;
  • Lista III - malattie la cui origine professionale è possibile. Si tratta di malattie per le quali non è definibile il grado di probabilità per le sporadiche e ancora non precisabili evidenze scientifiche 14.
Attualmente, l’obbligo di denuncia da parte dei medici è quindi molto ampio, comprendendo anche malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità o mera possibilità, e questo proprio allo scopo di far emergere l’origine professionale di malattie professionali non tabellate, nell’ottica di una sempre maggiore tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
La denuncia, la registrazione e quindi il monitoraggio delle malattie di probabile o possibile origine lavorativa dovrebbe consentire infatti di individuare sempre meglio i fattori di rischio e di esposizione e la correlazione tra le patologie rilevate e le attività lavorative.
A questo scopo, l’art. 10, comma 5, del D.Lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 ha istituito, presso la banca dati INAIL, il registro nazionale delle malattie causate dal lavoro ovvero ad esso correlate, al quale possono accedere oltre la Commissione scientifica di cui al comma 1, le strutture del servizio sanitario nazionale, le direzioni provinciali del lavoro e gli altri soggetti pubblici cui, per legge o regolamento, sono attribuiti compiti in materia di protezione della salute e di sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
Il registro nazionale delle malattie professionali, nato nel marzo del 2006 e divenuto operativo nel luglio del 2007 dopo una fase di sperimentazione, ha la funzione di punto di raccolta delle informazioni sulle caratteristiche e dimensioni del fenomeno delle malattie professionali.
I dati raccolti sono a disposizione di tutti i soggetti pubblici ai quali sono attribuiti compiti di protezione della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, in modo da consentire studi più approfonditi sulle patologie certe, di probabile e possibile origine lavorativa, e ricerche su quelle perdute e sconosciute.
Nell’ambito delle azioni volte a perseguire una sempre più efficace politica di prevenzione e di tutela della salute nei luoghi di lavoro, si inserisce anche il progetto MALPROF, condiviso tra Ministero della Salute, Regioni e ISPESL, avente quale obiettivo il miglioramento del sistema informativo destinato alla sorveglianza delle patologie correlate al lavoro.

13. Con Circolare n. 47 del 24 luglio 2008, l’INAIL ha illustrato le caratteristiche generali delle nuove tabelle e fornito indicazioni operative sulla loro applicazione, specificando che in virtù del generale principio del favor lavoratoris potranno beneficiare del nuovo sistema tabellare non solo le nuove denunce, ma anche i casi che risultavano in trattazione (o in contenzioso amministrativo o legale) alla data del 22 luglio 2008.
14. Già in occasione dell’adozione della tabella di patologie per le quali è obbligatoria la denuncia effettuata con D.M. 27 aprile 2004, la Commissione scientifica per la revisione periodica delle tabelle delle malattie professionali aveva tenuto conto della raccomandazione della Commissione europea 90/326/CEE del 22 maggio 1990, così come sostituita dalla raccomandazione 2003/670/CE del 19 settembre 2003, sull’elenco europeo delle malattie professionali. Con la raccomandazione in questione, la Commissione europea ha appunto istituito un elenco europeo delle malattie professionali che dovrebbero essere riconosciute da tutti gli Stati membri dell’Unione, contenuto nell’Allegato I, e ha descritto, nell’Allegato II, una lista di affezioni di sospetta origine professionale che dovrebbero essere oggetto di segnalazione per essere incluse in una fase successiva nell’allegato I.

Peraltro, le informazioni sulle malattie professionali raccolte attraverso tali strumenti confluiranno nel Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) istituito dall’art. 8 del Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro approvato dal D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 [17] (successivamente integrato dal D.Lgs. 3 agosto 2009 n. 106) [18]. Il SINP, emanato il decreto che ne definisce le regole tecniche di realizzazione e funzionamento, fornirà dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e per indirizzare le attività di vigilanza (art. 8, comma 1) [19].

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Riferimenti biografici

1. Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL). Cento anni di storia: l’INAIL alla vigilia del duemila. Roma: INAIL,1998.
2. Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL). Primo Rapporto Annuale INAIL – 1999. Roma: INAIL, 2000.
3. Italia. Regio Decreto 17 agosto 1935 n. 1765. Disposizioni per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Gazzetta Ufficiale n. 240, 14 ottobre 1935 – XIII.
4. Italia. Legge 15 novembre 1952 n. 1967. Modificazioni alla tabella delle malattie professionali allegata al Regio Decreto 17 agosto 1935 n. 1765. Gazzetta Ufficiale n. 288, 12 dicembre 1952.
5. Italia. Legge 20 febbraio 1958 n. 93. Assicurazione obbligatoria dei medici contro le malattie e le lesioni causate dall’azione dei raggi X e delle sostanze radioattive. Gazzetta Ufficiale n.57 del 6 marzo 1958.
6. Italia. Legge 4 agosto 1965 n. 1103. Regolamentazione giuridica dell’esercizio dell’arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica. Gazzetta Ufficiale n. 247, 1° ottobre 1965.
7. Italia. Legge 21 marzo 1958 n. 313. Estensione della tutela assicurativa contro le malattie professionali al settore dell’agricoltura e delega al governo per l’emanazione delle relative norme. Gazzetta Ufficiale n.91, 15 aprile 1958.
8. Italia. Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965 n. 1124. Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Gazzetta Ufficiale n. 257, Suppl. Ordinario, 13 ottobre 1965.
9. Italia. Corte Costituzionale 10 febbraio 1988 n. 179 (sito internet).
10. Italia. Decreto del Presidente della Repubblica 9 giugno 1975 n. 482. Modificazioni e integrazioni alle tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura allegati numero 4 e 5 al Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965 n. 1124. Gazzetta Ufficiale n. 269, 9 ottobre 1975.
11. Italia. Decreto del Presidente della Repubblica 13 aprile 1994 n. 336. Regolamento recante le nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura. Gazzetta Ufficiale n. 131, 7 giugno 1994.
12. Italia. Circolare INAIL 8 giugno 1994 n. 19. D.P.R. 13 aprile 1994 n. 336. Nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura ( sito internet)
13. Italia. Decreto Legislativo 23 febbraio 2000 n. 38. Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144. Gazzetta Ufficiale n. 50, 1° marzo 2000.
14. Italia. Decreto Ministeriale 9 aprile 2008. Nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura. Gazzetta Ufficiale n. 169, 21 luglio 2008.
15. Italia. Decreto Ministeriale 11 dicembre 2009. Aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell’articolo 139 del testo unico approvato, con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e successive modifiche e integrazioni. Gazzetta Ufficiale n. 65, 19 marzo 2010 e n. 76, Suppl. Ordinario n. 66, 1° aprile 2010.
16. De Matteis A. La nuova tabella delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura. Rivista degli infortuni e delle malattie professionali 2008; 3: 443-458.
17. Italia. Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Gazzetta Ufficiale n. 101, 30 Aprile 2008.
18. Italia. Decreto Legislativo 3 agosto 2009 n. 106. Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Gazzetta Ufficiale n. 180, 5 agosto 2009, Suppl. Ordinario n. 142.
19. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. In aumento le denunce di ‘tecnopatie’, un fenomeno in emersione (sito internet). Newsletter “Sicurezza e Prevenzione”, N. 6-gennaio 2010 [consultato marzo 2010]

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